L'impresa di Alex Schwazer
​e il diritto di ricominciare

Lunedì 9 Maggio 2016 di Claudio De Min
Alex Schwazer
La prima cosa che ti viene in mente di fronte all’impresa di Alex Schwazer è una domanda, che dentro contiene già una mezza risposta ma anche un’incoraggiante lezione per tutti e, soprattutto, una grande speranza per il futuro: ma allora, quando c’è il talento, si può andare forte e vincere anche senza bisogno di doparsi? Sembrebbe di sì. Però a patto che il talento venga allenato bene, da tecnici competenti, da gente capace di plasmare l’anima oltre che i muscoli e i polmoni. A patto che il talento non sia considerato dal Palazzo dello Sport solo merce da medaglia, mera pedina per incrementare la contabilità dei titoli, da un sistema che alimenta la propria forza, la propria visibilità, la propria credibilità e il proprio successo solo ed esclusivamente attraverso in conteggio delle medaglie. A patto che l’atleta sia considerato un uomo e non un numero, un automa da spremere fino in fondo, per farsi belli con i suoi successi. Il che, con Schwazer, abbandonato a se stesso da chi sapeva (o avrebbe dovuto sapere) e ha fatto finta di non vedere, voltandosi dall’altra parte, per poi condannarlo, non è accaduto. Il paradosso è che, con l’aria che tira, la malconcia atletica italiana dovrà probabilmente aggrapparsi a lui, l’estate prossima, per non tornare a casa da Rio a mani vuote.
Ultimo aggiornamento: 08:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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