Mattia Dall'Aglio muore in palestra

Martedì 8 Agosto 2017 di Carla Massi
Mattia Dall'Aglio muore in palestra
Stava sollevando i pesi in palestra quando si è sentito male ed è morto. Doveva essere una normale seduta di allenamento a secco quella di Mattia Dall'Aglio, nuotatore, 24 anni, di Montecchio Emilia e, invece, il suo corpo ha ceduto improvvisamente.

SUL PODIO
Prima l'agonistica a Reggio Emilia, poi a Imola e ultimamente nella società sportiva dei Vigili del fuoco. Proprio nella palestra del gruppo è accaduta la tragedia. È stato un collega a trovarlo a terra. Accanto a lui, né farmaci né altri tipi di sostanze. Mattia, nel 2015, aveva partecipato anche alle Universiadi in Corea. Sulla sua pagina Facebook le foto sul podio con sportivi del calibro di Filippo Magnini e Gabriele Detti.
Solo l'autopsia riuscirà a chiarire la dinamiche di questa morte. Potrebbe essersi sentito male per un infarto e poi aver battuto la testa cadendo. Certo è che, proprio per il livello agonistico dell'impegno sportivo, era costantemente sottoposto ad esami e viste. Godeva di buona salute. I parametri erano tali da permettergli di gareggiare. Quella di Mattia, dunque, va ad aggiungersi alla triste catena di morti improvvise di atleti stroncati proprio mentre erano in attività.
Una possibilità, come ha evidenziato un recente studio dell'Istituto di medicina dello sport del Coni, molto più probabile di quanto si possa pensare. Il lavoro, pubblicato sulle riviste scientifiche Europea heart journal e British journal of sports medicine, ha rivelato, infatti, che il 4% degli atleti olimpici ha disfunzioni cardiache. I ricercatori hanno seguito per dieci anni oltre duemila atleti che hanno preso parte ai Giochi di Atene (2004) e Sochi (inverno 2014). Per tutti esami strumentali e di immagini, risonanza, Tac ed elettrocardiogramma.
È emerso che 92 sportivi monitorati presentavano risultati anomali: danni genetici ereditari, malattie delle coronarie, ipertensione, fibrillazione atriale e tachicardie. Nove sono stati esclusi dalle gare e 17 hanno dovuto limitare l'impegno fino alla soluzione del problema. «Non tutte le anomalie - è il commento di Antonio Pelliccia autore principale dello studio Direttore scientifico dell'Istituto di medicina dello sport del Coni - sono malattie e non tutte sono preoccupanti. Le anomalie valvolari nei giovani possono essere trattate e non rappresentano una reale limitazione. Anche se si tratta di una piccola percentuale con anomalie, 4%, le conseguenze possono essere pesanti. Gli atleti possono essere sani, ma non al riparo da certi rischi come la sindrome della morte improvvisa».

IL DNA
In alcuni casi, come poi è stato dimostrato, il colpevole può essere stato un errore genetico che si vede solo facendo la mappatura del Dna, la prolungata somministrazione di alcuni farmaci o un'infezione.
«Un'infezione batterica o virale, a volte magari contratta durante una banale influenza - spiega Antonio Rebuzzi Direttore di Cardiologia intensiva al Policlinico Gemelli di Roma - può causare una miocardite. L'infiammazione attacca direttamente il muscolo. Il paziente può non accorgersene, il muscolo si ripara ma, restano delle cicatrici. In grado di scatenare aritmie. Inoltre, prendere alcuni farmaci, anche gli antibiotici, può determinare una condizione cosiddetta sindrome del QT lungo. Un'anomalia cardiaca associata, in alcuni pazienti, a pericolose aritmie e morte improvvisa».
 
Potrebbe interessarti anche
caricamento