Messina, principe della panchina: «Tutta "colpa" di Tonino Zorzi»

Mercoledì 10 Dicembre 2014 di Stefano Babato
Messina, principe della panchina: «Tutta "colpa" di Tonino Zorzi»
«Come sono diventato allenatore? Quel giorno decisi di salvaguardare la mia incolumità fisica accettando l’invito di Tonino Zorzi a lasciar perdere con il basket giocato. Era incazzatissimo, mi prese a pedate perchè avevo sbagliato i due tiri liberi decisivi nel derby con Mestre che valeva il titolo regionale degli Allievi. "Ragazzo, lascia perdere!", mi disse. Magari prova a diventare allenatore».



Quel ragazzo aveva 17 anni, giocava nella Reyer, di nome faceva Ettore e di cognome Messina. Ed è diventato il tecnico italiano più conosciuto e stimato al Mondo. Recentemente ha collezionato un altro record: il primo coach europeo a guidare una squadra Nba, i San Antonio Spurs di Parker, Duncan e Ginobili. Due partite, entrambe vinte, in attesa che il grande capo, Gregg Popovich, si ristabilisse da un piccolo problema di salute.



Emozionato per la prima da head coach?

«È stata un’esperienza molto importante, indimenticabile. Comunque non è che ora valgo di più o di meno. Tutti mi hanno messo a mio agio e questo è importante. Dovevo solo evitare di fare troppi giochi per Ginobili - scherza Messina - Ora però sono tornato al mio ruolo di vice. Popovich si è ristabilito ed è tornato a guidare come sempre impeccabilmente la squadra».

A proposito di Popovich. E’ vero che stargli accanto ogni giorno è un’avventura?

«È vero, l’ho scritto un paio di giorni fa ad Alberto, un caro amico di Mestre. Popovich è un uomo straordinario, di grande cultura e intelligenza. Con lui non c’è pericolo di annoiarsi. Ha il grande dono di prendersi cura di tutti coloro che lavorano con lui. Di coach ne ho conosciuti tanti ma nessuno con le sue conoscenze tecniche e tattiche. Un personaggio davvero unico. Puoi parlare con lui di qualsiasi cosa. Ha una cultura vastissima. È un piacere rapportarsi con un uomo così».

Restiamo negli States. Spurs ancora favoriti?

«Non faccio pretattica. L’equilibrio è notevolissimo. Lo scorso anno San Antonio ha rischiato di uscire con Dallas, poi è andata come tutti sanno. Ci sono parecchie squadre sullo stesso livello. Noi siamo tra quelle. Comunque è un piacere allenare giocatori come Parker, Duncan, Ginobili, Leonard, ma tutti guarda, siamo veramente un grande gruppo. Marco poi (ndr Belinelli) si è integrato benissimo. Avere un giocatore italiano in squadra agevola anche il mio lavoro. Diciamo uno e mezzo perchè anche Ginobili...».

Lasciamo San Antonio, prendiamo il volo e atterriamo in Italia. A Venezia naturalmente dove tutto è iniziato.

«Come sono diventato allenatore già lo sai. A 17 anni davo una mano a tempo perso a Piero Del Monte che curava il settore giovanile della Reyer. Tempi indimenticabili. Nel 1976 guidai la mia prima squadra, erano Allievi ma la prima grande soddisfazione arrivò quando mi trasferii al Basket Club Mestre di Celada. Vinsi il mio primo scudetto da coach nel 1981 guidando la Superga Allievi al titolo; in quella squadra giocava anche Federico Casarin. Diventai vice di Massimo Mangano e poi iniziai la mia carriera da head coach. Ma la Reyer, il mio primo grande amore, mi è sempre rimasta nel cuore».

Dal 1968 gli orogranata non assaporavano il primato nel massimo campionato. Ora sono addirittura soli in testa alla classifica. Dove possono arrivare?

«Spero più in alto possibile. Io sono da sempre tifoso della Reyer e quindi non posso che rallegrarmi e gioire per il grande lavoro effettuato in questi anni dalla società. Sicuramente Milano e Sassari hanno un organico di un’altra dimensione ma credo che la Reyer possa comunque disputare un grande campionato. In panchina c’è un ottimo coach, Recalcati, i giocatori sono buoni e la dirigenza sta facendo molto bene. Sono contento soprattutto per Federico Casarin. E poi da qualche giorno la Reyer ha anche un tifoso in più, Popovich».

In che senso?

«Gli ho mostrato una vecchia foto di Steve Hawes ritratto con la maglia Reyer alla Misericordia e sullo sfondo gli affreschi del Sansovino. Popovich ne è rimasto estasiato, sorpreso che una squadra di basket potesse giocare in una chiesa sconsacrata. Ha guardato e riguardato quella foto come fosse un extraterrestre chiedendomi un sacco di cose. "Great" ha detto. E se lo dice lui...»
Ultimo aggiornamento: 17:17

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