Calciomercato, vie di fuga verso il futuro

Venerdì 18 Agosto 2017 di Mimmo Ferretti
Calciomercato, vie di fuga verso il futuro
ROMA Nel suo essere scorretto, Emerson Ferreira da Rosa, detto il Puma, paradossalmente nel 2004 fu corretto. Il brasiliano, che aveva già un accordo con la Juventus, il 13 luglio di quell'anno non si presentò al raduno della Roma di Cesare Prandelli facendosi sostituire da un certificato medico: depressione. Morale della favola, la Roma - che l'aveva ceduto al Real Madrid - fu costretta a venderlo alla Vecchia Signora di Luciano Moggi. Ripensandoci, le fughe di questi giorni, con giocatori che scompaiono dai radar senza neppure lasciare un bigliettino per spiegare l'addio, fanno sorridere. Volete mettere un certificato medico rispetto al nulla? Altra classe. È proprio vero che non ci sono più i giocatori di una volta. Prendete Kalinic: da una vita si sa che Vincenzo Montella lo vorrebbe al Milan, ma la Fiorentina fa muro. E, allora, il croato scappa, si nasconde, si nega al suo datore di lavoro, punta i piedi, scrivevano i cronisti di una volta, perché a Firenze non ci vuole più stare. Capricci da milioni di euro in più, per lui e per il suo ingegnoso agente. Perchè, come spesso capita nella vita di tutti i giorni, piuttosto che affrontare il problema si sceglie la via della fuga. Si sceglie di non affrontare il problema, tentando di aggirarlo. Tu non mi cedi? E io con te non gioco più, pappappero pappappà... Roba da bambini viziati, giusto?
PORTAFOGLIO E RICONOSCENZA
Qualche giorno fa, Spinazzola, uno che deve tanto se non tutto all'Atalanta, ha voltato le spalle alla Dea. Vuole la Juventus e basta. E, visto che a Bergamo da quell'orecchio non ci sentono, fuga. Via. Non gioco più, me ne vado... come cantava Mina. Ma la riconoscenza, si sa, non è di questo mondo. Quello del pallone, intendiamo. Del resto, che cos'è la riconoscenza di fronte alla possibilità di ingrassare il proprio conto in banca? Nulla. La conferma indiretta che il coltello dalla parte del manico ce l'hanno i calciatori. O meglio, i loro procuratori che sentono di poter fare come vogliono e con chi vogliono. Anche perchè ci sono tanti (troppi) presidenti che glielo fanno fare. Una sorta di Far West a nove zeri, con rispetto minimo della parola e dei contratti, sempre più ridotti a carta straccia. Kondogbia, eccone un altro, si è promesso al Valencia pur avendo un accordo pluriennale con l'Inter: e che problema c'è? Non mi presento all'allenamento e, oplà, les jeux sont faits. Ha voglia l'Inter a fare la faccia cattiva, a minacciare il mondo: il francese andrà in Spagna. Come da copione. E, allora, viene il sospetto che talvolta i dirigenti dei club lascino fare, come se fosse una prassi consolidata, un metodo di lavoro. Tanto una volta tocca a te essere incudine, ma un'altra sei martello. Perché nel mondo del calcio tutti sanno tutto di tutti. E, per questo, alcune volte conviene far finta di essere tonti.
VIVA LA FACCIA
Il laziale Keita, come il romanista Emerson nel 2004, si è promesso alla Juve e rifiuta tutto il rifiutabile. E, ovviamente, non si presenta a Formello. Lotito controlla, come può. Dembelé, che vuole il Barcellona, scappa da Dortmund, si dà alla macchia e ricompare solo per dettare condizioni. Tutto molto bello, direbbe il maestro Pizzul.
Viva la faccia, allora, di chi ci mette la faccia. Chi magari se ne vuole andare, lo dice ma continua ad onorare la maglia e a meritarsi fino all'ultimo giorno lo stipendio. Un nome? Per il momento, scusate, non ce ne viene in mente neppure uno. Forse perchè non li hanno ancora inventati.
Ultimo aggiornamento: 16:09
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