Laura Rivetti, Capitano di Fregata: «Più donne in Marina, rivoluzione a bordo. Sono marinaio, figlia, moglie e mamma»

Lei è stata tra le prime a intraprendere la carriera militare nella forza armata: «Il reclutamento garantisce parità. Per noi non ci sono preclusioni di incarichi e impiego»

Sabato 29 Luglio 2023 di Valentina Venturi
Laura Rivetti, Capitano di Fregata: «Più donne in Marina, rivoluzione a bordo. Sono marinaio, figlia, moglie e mamma»

Continua l'ascesa delle donne nelle forze armate. È di qualche giorno fa l'annuncio che negli Usa l'ammiraglio Lisa Franchetti è stata nominata prima donna alla guida della Marina Americana. E l'Italia non è da meno. Con la legge 380 del 1999, allineandosi ai Paesi della Nato, il nostro Paese ha aperto le forze armate al reclutamento femminile: oggi le donne in servizio in Marina Militare sono più di 2200, l'8% dell'organico complessivo. Tra le prime a scegliere di intraprendere la carriera militare c'è il Capitano di Fregata Laura Rivetti, classe 1978, originaria di Marcianise in provincia di Caserta. Sposata con Federico e madre di Gabriele e Niccolò rispettivamente di 12 e 11 anni, di base a La Spezia, è riuscita con tenacia e dedizione ad armonizzare carriera e famiglia.
Esistono pari opportunità in Marina?
«È una realtà. Con il reclutamento femminile, 23 anni fa, e l'accesso alle carriere militari è stata segnata una tappa fondamentale nel percorso di emancipazione che ha aperto alle donne le porte di una realtà prima esclusivamente declinata al maschile».
Sono stati anni rivoluzionari?
«È stato sviluppato un modello di reclutamento tra i più avanzati come garanzia di parità: ammette le donne a tutti i ruoli e a tutte le categorie, senza preclusioni di incarichi e di impiego. Nel periodo della formazione e dell'addestramento non sussistono differenziazioni tra uomini e donne».
È entrata in Marina nel 2000. Qualche ricordo indelebile?
«Ricordo sempre con una profonda tenerezza quando, impegnata nelle operazioni di soccorso migranti, trascorrevo mesi lontana dai miei figli, solo fisicamente certo.

Quando li rivedevo al termine di ogni navigazione, mi chiedevano quante persone "che viaggiano su barche piccole" avessimo salvato con le nostre grandi navi».

Ita Airwais, voli intercontinentali: la prima pilota donna è l'abruzzese Deborah Rossi

Aerei, Federica Fuser è pilota al simulatore di volo: «Ora insegno a volare senza mai decollare»


Per una donna come si concilia la priorità tra i diritti e i doveri?
«I diritti e i doveri dei militari sono già peculiari tanto da definirne lo status. La donna "marinaio", come l'uomo "marinaio" nel definire la propria scala di priorità si rifà alla sfera personale».
In altri termini?
«Io ho voluto essere tutto. In qualità di marinaio, figlia, moglie e mamma, non posso negare che le mie priorità negli anni si sono adattate alle diverse situazioni, che avevano quale fattore comune la mia appartenenza a questa organizzazione. È chiaro che in una scala di priorità non si può mettere tutto al primo posto, ma è doveroso verso la nostra forza armata, verso i nostri uomini, verso noi stessi e le nostre famiglie, fare tutto il possibile senza risparmio di energie».
Il Gender Advisor, il consulente per le pari opportunità nel mondo militare, dove ha più rilevanza?
«Assume rilievo nei contesti internazionali e nei teatri operativi, dove occorrono donne per parlare alle donne per garantire l'integrazione della prospettiva di genere in sede di pianificazione e di predisposizione delle attività. Nei teatri operativi il personale militare femminile ha potuto e può contribuire a un'azione più efficace, interagendo con le popolazioni civili locali per creare relazioni empatiche con donne e bambini».
Cosa consiglierebbe a una donna che volesse entrare in Marina?

«Di pensarci bene. Entrare a far parte di questa forza armata è una scelta di vita che coinvolge totalmente noi marinai, ma anche le nostre famiglie, aspetti su cui deve riflettere anche un uomo, perché è una professione coinvolgente. Le direi di farlo, ma a condizione di cogliere le infinite possibilità che questa scelta di vita offre e di tenere salde le proprie motivazioni».
A cosa si riferisce?
«È un particolare modo di vivere che sottende alcune peculiarità quali la capacità di adattamento e di affrontare le responsabilità. È dedizione alla professione: quando le cose non vanno come vorresti, è un continuo lavorare su noi stessi per farle funzionare al meglio delle nostre possibilità. È responsabilità: orientare sempre il proprio agire al miglioramento personale e professionale, per guidare con competenza gli uomini e le donne degli equipaggi. Ma è anche orgoglio di testimoniare l'Italia nel mondo, di vestire una divisa che rappresenta insieme tradizione e innovazione, di far parte di quelli che, soprattutto nell'ultimo decennio, hanno salvato migliaia di vite tra bambini, donne e uomini, di quelli che contrastano il traffico di vite o gli attacchi dei pirati».
Nel mondo militare quanto è importante la solidarietà?
«Quando sono diventata orfana o quando sono diventata moglie o mamma, ero circondata da amici, colleghi, dipendenti e superiori che hanno pianto o gioito con me. La forza armata va incontro alle esigenze del proprio personale che trova nell'organizzazione sostegno e conforto. Questo ritorno umano ritengo sia una peculiarità di noi marinai, in ossequio al motto sempre valido secondo cui "Non si lascia nessuno indietro"».
 

Ultimo aggiornamento: 11:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA