I volti attoniti, storditi, quasi tutti vestiti di nero, in segno di lutto e di rispetto, con in mano palloncini e striscioni per ricordare nella chiesa affollatissima il loro amico, Fabrizio Procaccini, il quattordicenne di Ariccia morto domenica sera dopo essere caduto in un dirupo sul lago di Nemi.
«Mi manca l'ossigeno. Un dolore così è disumano. Nessun genitore dovrebbe mai vivere questo». Sono le parole della mamma, Maria, 36 anni, estetista, quasi irriconoscibile per via del viso scarno e scavato, a tratti protetto dal cappuccio del cardigan nero, che a stento riesce a stare in piedi. Il suo strazio, incontenibile, riecheggia nel santuario. Accanto papà Davide, impietrito, lo sguardo fisso nel vuoto, la sorregge accarezzando le spalle di Sara, la figlia più piccola. E poi il dolore immenso della nonna materna, Franca, più magra di sempre, capelli raccolti in una treccia, incapace di reggersi in piedi. «Buon viaggio, amore grande chi mi dirà più: nonna posso venire a casa da te? Voglio morire anche io - ha detto davanti al feretro del nipote a cui era legatissima - non posso stare senza te, guarda quanta gente è venuta qui, tutti ti volevano bene».
IL POST DELLA MAMMA
«Era il mio ometto. Si prendeva cura di me e della sorella. Il pomeriggio quando ero a lavoro mi accendeva la stufa x farmi trovare casa calda.Non chiedeva mai nulla. Non mi ha mai mancato di rispetto. Non mi si è mai rigirato rispondendomi male. Non l'ho mai e poi mai sentito pronunciare una parolaccia dalla sua bocca. È sempre stato un angelo di figlio».
Ci sono stati anche momenti di tensione provocati dal misto di incredulità e rabbia degli amici più stretti, che ieri, ritrovatisi insieme, hanno saputo che in quegli ultimi, tragici istanti qualcuno con cui Fabrizio stava giocando gli ha scattato una foto con il cellulare. «Lo conosco da quando eravamo piccoli – ha detto Luca, 13 anni, di Genzano, tenerissimo mentre si asciugava gli occhi con le mani - quel giorno non stava con il nostro gruppo, ma con altri ragazzi di Genzano... Se fosse stato con noi non sarebbe successo».
I volti velati dalla tristezza si fanno forza l'un l'altro. «Ho un grosso vuoto dentro, Fabrizio era tutto per me - dice Cristian, 14 anni anche lui di Genzano - era buono, uno che coinvolgeva tutti, con lui ti divertivi sempre perché era allegro, inclusivo, gli andava sempre tutto bene»
Il parroco, don Kenneth Meneses Rodriguez, ha pronunciato parole toccanti durante l'omelia. “Le circostanze della morte di questo giovanissimo pieno di sogni e speranze sono state tra le più crudeli, un ragazzo nel pieno dello sviluppo della vita. Ogni tentativo di mitigare la vostra rabbia e amarezza rischia di andare a vuoto di fronte a questa tragedia immane che ha colpito la vostra famiglia e le comunità». Un gesto istintivo, neppure un’imprudenza, hanno commentato molti: Fabrizio si era attaccato al ramo di un albero, in un momento di gioco con gli altri tre amici, per vedere meglio il panorama, e il destino ha voluto che quella spensieratezza gli sia stata fatale. «Eri straordinario e hai riempito ogni nostro giorno - le parole della zia - ora hai segnato il nostro tempo in modo indelebile».