Radar sonoro e riconoscimento facciale. La nuova frontiera della lotta al razzismo negli stadi esiste già, ma è pienamente applicata all'estero: in Italia, è una proposta lanciata dalla Federcalcio, nella persona del suo presidente Gabriele Gravina. E torna d'attualità oggi, con il nuovo caso di ululati a Mario Balotelli e la discussione: quanti tifosi li hanno fatti? E soprattutto, chi? Il consiglio della Federcalcio è in programma domani, inevitabile che se ne parli a margine; nell'ordine del giorno stilato prima dei fatti di Verona non c'è l'argomento razzismo perchè la sua linea Gravina l'aveva fatta approvare prima snellendo la procedura di stop alle partite a inizio anno, e poi con una riforma varata il 1° ottobre: non più la responsabilità oggettiva dei club, ma club responsabilizzati.
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In sostanza, per togliere agli ultrà l'arma del ricatto - cori razzisti e multe se le società non cedono alle loro richieste, come nel caso dell'inchiesta sulla curva Juve - le società hanno esimenti e attenuanti se si attrezzano per una fattiva azione di prevenzione e controllo per individuare i singoli responsabili dei cori, due o cento che siano, e bandirli dagli stadi. Per questo, Gravina ha espressamente parlato del radar sonoro, per il quale però resta al momento l'ostacolo della violazione della privacy, da abbinare al riconoscimento facciale già attivo in alcuni stadi (l'Olimpico) e a disposizione del Gos per i problemi di ordine pubblico. L'Udinese lo ha testato per una gestione diretta, come avviene in Inghilterra dove gli stadi sono di proprietà e chi ha atteggiamenti razzisti viene individuato e radiato dal proprio club nel giro di 24 ore.
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Per questo la Figc sta lavorando anche a un tavolo a tre, con Viminale e club: l'obiettivo è consentire ai club di far uso delle telecamere ai tornelli e di quelle puntate sugli spalti anche per i comportamenti non di rilievo penale, ma disciplinare.