Giro d'Italia, Dainese si racconta: «Stavo per ritirarmi, a distanza di 3 giorni ho vinto Caorle. Una lezione di vita»

«Soffrivo di un'influenza intestinale e sono arrivato a Bergamo con 43 minuti di ritardo. Non ho mollato e sono stato ripagato»

Lunedì 5 Giugno 2023 di Walter Lotto
Alberto Dainese

PADOVA - Con il passare dei giorni, la vittoria di Alberto Dainese (Dsm), primo nella tappa di Caorle nel recente Giro d'Italia, assume contorni sempre più epici, per come è arrivata e per le sofferenze fisiche che l'hanno preceduta. Analizzandolo a mente fredda a distanza di giorni, quel vittorioso sprint ha il profumo del riscatto e per capirne i motivi bisogna partire dalla quindicesima tappa della corsa rosa che portava i girini da Seregno a Bergamo, quasi 200 chilometri irti di difficoltà con 3.600 metri di dislivello dove Dainese, colpito da una forte influenza intestinale arriva spossato e vuoto di energie, ultimo da solo a oltre 43 minuti dallo statunitense Mcnulty, vincitore di giornata.

Giornata terribile

«È stato il giorno più terribile della mia vita - chiosa Dainese - mi sarò fermato dieci volte, ero staccato di un ora dalla corsa, non fosse stato il Giro d'Italia quel giorno mi sarei fermato». Giada Borgato al seguito in moto, nel raccontare la sua esperienza ha riferito di aver incrociato più volte il suo sguardo non facendole mancare il suo incitamento. «L'ho invitato più volte a non mollare - ha confidato Giada - lui mi guardava poco convinto, scuoteva la testa, ma poi riprendeva. È stato davvero stoico ad arrivare, sono stata contentissima della sua vittoria».

Il giorno di riposo all'indomani lenisce solo un po' i malanni fisici dell'atleta che ha davanti a sé un ulteriore tappone alpino con traguardo sul monte Bondone prima di arrivare all'agognata pianura. La montagna trentina è segnata da un altro calvario e mentre in testa il portoghese Almeida firma forse una delle tappe più belle, Dainese lotta per non crollare e giunge sulla fettuccia d'arrivo trentina a fianco del suo idolo Cavendish con un passivo di oltre 48 minuti. Un ritardo pesante ma poco importa: il Giro è salvo.

La volata perfetta

Arriva Caorle e qui comincia un altra storia. La storia di una volata perfetta, un capolavoro, definita «tatticamente intrigante» da un principe degli sprint quale Silvio Martinello. La tappa è lineare con la fuga di giornata rintuzzata a pochi chilometri dall'arrivo. Sul rettifilo veneziano Dainese è lanciato in testa alla volata troppo presto, ai -500, con astuzia tattica, sul filo dei settanta all'ora rallenta e si lascia superare dall'australiano Matthews e dal milanese Consonni. Una prima violenta accelerata per prendere la ruota dell'italiano, poi stringe il manubrio, un lungo respiro e poi ai -150 la rimonta: Consonni è saltato subito, Matthews cede dopo un duro testa a testa a non più di dieci metri dalla linea, ma non basta per vincere perché c'è da contenere la rimonta di Milan che arriva alla sua sinistra come un uragano. I due piombano sul traguardo simultaneamente, nessuno sa chi ha vinto, decide il fotofinish che dopo alcuni minuti di silenzio annuncia il nome di Dainese. Lui esulta, stringe i pugni e in diretta tivù lancia un sonoro «Sìììììì».

Cosa c'era in quell'urlo tanto insistito? «La liberazione e la gioia per un risultato difficilmente ipotizzabile un paio di giorni prima. A distanza di tempo, meditando, posso anche dire una lezione di vita che mi ha insegnato a non mollare anche in situazioni terribili come quella che ho passato, poi magari arriva l'occasione per essere ricompensati». Reggio Emilia lo scorso anno e ora Caorle: c'è differenza tra le due vittorie? «Sì, di vitale rilevanza per un atleta. La prima volta è per molti versi indimenticabile, ma poi hai bisogno di ripeterti per autoconvincerti che non è stata solo fortuna o casualità. L'importanza di questo successo è la conferma che cercavo dentro di me e ora so che a Reggio non è stato un caso, ma posso giocarmela davvero con molti velocisti».

Fase contrattuale

Un'annata in chiaroscuro per l'atleta di Abano, con un terzo posto in una tappa della Tirreno-Adriatico, un quarto nella semiclassica belga di La Samyn e un'attività ridotta all'osso. Una situazione forse riconducibile ad una fase contrattuale tra atleta e club che si sta esaurendo e non ha ancora ufficialmente trovato una via di sbocco. Sull'argomento l'atleta glissa ma qualcosa dice: «Diciamo che per molti motivi si è creata una situazione per cui sono stato impiegato poco e qualche volta in competizioni poco adatte ai velocisti, quali il Giro di Romandia e il Tour of the Alps. Anche al Giro d'Italia ho saputo della partecipazione solo tre giorni prima». Poi arriva la stilettata di Dainese: «Vincendo ho anche dimostrato che se mi fanno fare le volate qualcosa di buono tiro fuori».

L'omaggio

L'ha definita la tappa di casa pur essendo padovano? «Ed è così. Da queste parti conosco anche le buche nelle strade per via dell'attività da dilettante nella Zalf e poi sono stato tante volte a Jesolo per le ferie, senza contare che era l'arrivo più vicino a casa e c'erano tanti amici che sono venuti a trovarmi». Dunque quel lancio di fiori dal palco del vincitore aveva un preciso destinatario? «Sì, li ho lanciati alla mia ragazza Sara, era la prima volta che mi vedeva da professionista, l'ho omaggiata con i fiori del vincitore. Più di così».

Il bilancio

Oltre la vittoria due quarti posti, uno tolto per squalifica e l'altro a Roma, complessivamente soddisfatto? «Sì, anche se mi rode la squalifica di Salerno nella quinta tappa, non l'ho trovata giusta in quanto non c'era scorrettezza nella mia volata come hanno certificato molti esperti. In quanto allo sprint di Roma si ballava sui sampietrini, era un arrivo per gente potente. Sono comunque contento del quarto posto in un ordine d'arrivo che premia Cavendish, uno dei miei idoli da sempre». I prossimi impegni? «Starò fermo un paio di mesi, per curarmi e rimettermi bene, poi spero di andare a caccia di qualche tappa alla Vuelta».

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Ultimo aggiornamento: 09:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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