Bolt: «Non volevo un addio così»

Lunedì 14 Agosto 2017
Bolt: «Non volevo un addio così»
Un crampo al quadricipite della gamba sinistra, che gli ha fatto scagliare il testimone per aria mentre urlava di dolore. Così, nella 4x100 dei mondiali di Londra, è finita la leggendaria carriera di Usain Bolt, icona della Giamaica e uomo che ha riscritto la storia della velocità.
Non avrebbe potuto esserci conclusione più amara, per tutti coloro che in questi anni, da Pechino 2008 in poi, lo hanno amato e seguito, a cominciare dai 110mila spettatori che, tra batterie della mattina e finali della sera, sono andati allo stadio quasi solo per lui. Ieri Bolt in un video sui social ha voluto scusarsi con i suoi tifosi: «Non era certo questo il modo col quale avrei voluto dirvi addio - ha ammesso - Ho dato tutto, in pista, tutto me stesso, come sempre. Mi spiace non essere nemmeno riuscito salutarvi, ma sarò allo stadio e mi farò vedere». Poco dopo il tweet è diventato anche post su Fb con tanto di foto con i compagni della staffetta. Di queste scuse non ce n'era bisogno, come ha sottolineato la ministra dello Sport giamaicana, Olivia Grange: «In questi anni hai elevato l'immagine della Giamaica nel mondo e fatto aumentare la pratica sportiva nel nostro Paese: siamo noi ad esserti grati».
Però ha fatto male vederlo steso a terra invece che vincitore, o almeno con un'altra medaglia al collo. E meno male che almeno ha voluto rialzarsi e uscire sulle proprie gambe, rifiutando la carrozzina. Scortato dai compagni McLeod, Blake e Forte, si è rialzato e, distrutto, ha raggiunto il bordo pista sulle proprie gambe.
Bolt, che avrebbe voluto ritirarsi dopo la tripletta di Rio 2016, la sua terza ai Giochi anche se poi una medaglia di staffetta gli è stata revocata (non per colpe sue), ha obbedito agli sponsor che gli hanno chiesto di correre un anno in più, ma non era convinto. A Londra si è visto, perché nel corso di quest'anno probabilmente non si è allenato come ai bei tempi, e soprattutto non aveva la giusta forma mentale. Finisce qui la Leggenda, si consuma sulla stessa pista dove 5 anni fa aveva vinto tre medaglie d'oro ai Giochi 2012, realizzando, già allora, il sogno di «diventare famoso in Giamaica come Bob Marley».

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