Si è presentato di sua spontanea volontà alla Procura di Roma accompagnato dai legali e il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina: è stato indagato nell’ambito dell’inchiesta per appropriazione indebita e autoriciclaggio.
DIRITTI TV, LIBRI E CASE
Oggetto del procedimento penale è la presunta compravendita fittizia di una collezione di libri antichi del valore stimato di 1,2 milioni di euro: l’attuale numero uno della Federazione italiana Giuoco Calcio avrebbe incassato due caparre - una da 350mila euro, l’altra da 250mila euro - per poi tenere per sé i preziosi volumi del 1500, 1600 e 1700. L’acconto di 350mila euro sulla collezione sarebbe stato proposto come opzione di acquisto a giugno del 2019 da un collezionista che si muove negli ambienti dei diritti tv. Una sorta di contropartita - è l’ipotesi investigativa tutta da dimostrare - per assicurare, nel 2018, la trasmissione delle partite della Lega Pro alla Isg, società specializzata in piattaforme digitali. Soldi che sarebbero serviti a Gravina per acquistare un appartamento in via Lambro, a Milano, dove adesso potrebbe finire l’inchiesta, visto che la compravendita dell’immobile, finita nel mirino dell’antiriciclaggio, si è consumata lì. Ma i legali spiegano che Gravina ha chiarito come la prima caparra sia stata restituita e la seconda opzione sia invece andata a buon fine, con la vendita dei volumi antichi. Mentre la casa sarebbe stata acquistata con fondi propri, che nulla avevano a che vedere con la vendita dei libri. L’origine di quella “segnalazione per operazione sospetta”, inviata da Laudati ai pm romani è ritenuta dai colleghi perugini frutto di un abuso d’ufficio. Al magistrato della Dna indagato viene contestato infatti di aver “fabbricato” il dossier su Gravina basandosi sulle informazioni riferite dal lobbista esperto di diritti tv Emanuele Floridi in quattro incontri avvenuti con Striano e altri due finanzieri tra il 9 maggio e il 17 giugno 2022. Incontri che non sono stati verbalizzati, mentre agli atti Laudati aveva «attestato falsamente che la fonte di innesco dell’attività investigativa erano elementi informativi provenienti dalla Procura di Salerno».
VENDITA DELLA SALERNITANA
Ma quell’inchiesta, che verte sulla vendita della Salernitana, non sembra avere alcuna connessione con Gravina, se non il fatto che Lotito si ritiene danneggiato dall’aver dovuto “svendere” su suo input la società calcistica campana: in base alle norme Noif non si possono avere due squadre che militano in serie A. Il patron della Lazio aveva presentato un esposto alla Procura di Roma per appropriazione indebita, sostenendo di aver dovuto cedere la Salernitana per 10 milioni di euro, mentre in base a specifiche valutazioni ne valeva tra i 40 e 70 milioni. La squadra, affidata a un trust, è stata comprata da Danilo Iervolino a fine dicembre 2021. Guarda caso il 24 febbraio del 2022, nemmeno due mesi dopo essere divenuto il nuovo proprietario della Salernitana, Iervolino entra nel “mirino” di Laudati e Striano che con «un accesso abusivo alla banca dati» consultano cinque segnalazioni per operazioni sospette contenute nel sistema. Poi il 5 maggio 2022 passano a consultare le “sos” su Simon Burgess ed eventuali precedenti di polizia su Caterina Cameli, che lavorano entrambi in Isg, la società che si era aggiudicata i diritti tv della Lega Pro. Il 23 maggio 2022 vengono eseguiti dal magistrato della Dna e dal finanziere ben 17 accessi abusivi alla banca dati dei precedenti di polizia: tra i nomi ricercati ci sono quelli di Francisca Ibarra, la compagna di Gabriele Gravina, e della figlia di quest’ultima, Lorenza Tella. Poi il 6 giugno 2022 Laudati e Striano scaricano nove segnalazioni per operazioni sospette su Paolo Bertoli, uno dei due trustee dalla cui denuncia era scaturita l’inchiesta della Procura di Salerno sul club cittadino. Il 28 luglio passano a cercare le eventuali “sos” sul presidente della Figc. Ma quest’ultimo era già al centro di un dossierino, denominato “appunto-gravina.doc”, «relativo ad attività investigative in corso», inviato il 21 giugno 2022 da Striano tramite l’applicazione Signal a Michele Punzi, precedentemente coinvolto nella sicurezza di Telsy, società partecipata da Tim.