Avviso ai naviganti (ma “qui custodies custodes?” come dicevamo ai tempi di Roma antica): gli appassionati del rugby potranno entrare gratis, in due, senza discriminazione di sesso, in molti dei musei di Roma in occasione delle prossime partite del Sei Nazioni. Tra questi luoghi di cultura proposti ai muscolari dello sport, o almeno a chi per tanto e troppo tempo li ha ritenuti soltanto qualitativi in questo, c'è pure la casa della Venere Capitolina: beh, non c'è bisogno di metterla in scatola, coprire lei di compensato e noi di ridicolo, anche se tra i visitatori inglesi e scozzesi ci fossero d'altra fede.
FORO ITALICO
E' una bella iniziativa mandare a braccetto sport e cultura e del resto, quanto al nudo, non è che per pruderie staremo a coprire tutti i mosaici scoperti che ornano il Foro Italico e contribuiscono a farne quel luogo unico che è e che come tale è conosciuto e riconosciuto in tutto il mondo, il jolly per la candidatura olimpica del 2024 e per quella per i mondiali di rugby del 2023. Olimpiadi, già: il rugby ci torna quest'anno nella sua versione tascabile a 7. Manca da quasi un secolo, 1924, Parigi, vittoria degli statunitensi che poi devono aver mollato la presa, visto che stelle e strisce non fanno parte del cielo della palla ovale.
Ci sono almeno un paio di curiosità legate a questa presenza olimpica del rugby, nel passato. E ancora ce ne saranno a Rio. Per quel che riguarda il passato il primo torneo, che come l'ultimo si svolse a Parigi, date 1900 e 1924, vi parteciparono soltanto tre squadre, più o meno di club, che furono poi etichettate come Francia, Gran Bretagna e Inghilterra che si classificarono nell'ordine, con i francesi a proporre anche il primo medaglista nero della storia olimpica, il nativo haitiano Constantin Henriquez de Zubiera. Francia protagonista anche nell'ultima edizione, sempre a tre squadre, con i transalpini strapazzati in finale dagli americani, dopo che entrambe le finaliste avevano fatto polpette della Romania.
E' ironico che proprio il rugby, che oggi viene identificato con lo “sport più sport”, il terzo tempo e così via di retorica, che è anche e spesso realtà, sia stato protagonista, invece, in quell'occasione parigina di un finale “calcistico”: pubblico inferocito, feriti in campo, inni nazionali fischiati, squadra vincitrice premiata sotto la scorta della polizia e messa in sicurezza con la presenza agitata dei manganelli. Il ritorno olimpico a Rio, a parte la versione tascabile del 7 invece che 15, proporrà anche altre interessanti vicende. Il rugby dell'altro emisfero, quello migliore, ha deciso, forse spinto dalla necessità mediatica di creare un Dream team sulla traccia dell'Nba, di convocare pure giocatori del rugby maggiore, più noti al pubblico.
Così gli All Blacks porteranno, almeno in ritiro preolimpico a fini di selezione, sei dei campioni del mondo della Nuova Zelanda; un numero analogo di protagonisti della palla ovale saranno chiamati sia dagli Springboks sudafricani che dall'Australia. L'Inghilterra, forse perché ne ha molti meno ma anche perché la nuova strada è quella del Team Gbr, metterà insieme atleti di Inghilterra, Scozia e Galles, in una reunion politico-territoriale già vista a Londra 2012 e ripudiata dal calcio che preferisce lavorare su quattro nazioni (alle tre citate s'aggiunge l'Irlanda del Nord) anziché su una squadra politicamente corretta. L'Irlanda del Nord non è compresa ai Giochi giacché nel rugby, da tempo, l'isola verde è tutt'una fra Dublino e Belfast.
ROMANA E UNICA
Ci sarà modo, dunque, di vedere all'opera, all'Olimpico di Roma, possibili protagonisti dell'Olimpiade di Rio, giacché saranno ospiti dell'Italia l'Inghilterra e la Scozia. Italiani no: a Rio l'Italia non sarà presente né nel torneo maschile né in quello femminile. Quindi è esclusa la consueta ipotesi di uscire “sconfitti a testa alta” che è spesso il mantra del nostro rugby che è probabilmente l'ultimo dei grandi e il primo dei piccoli. La consolazione italiana per Rio 2016 è una ragazza di 22 anni, Maria Beatrice Benvenuti, romana, il più giovane arbitro internazionale, la quale sarà in grado di dimostrare come si sappiano far rigare dritti quei giganti, quegli “energumeni”, come è attribuito dicesse Oscar Wilde, per tenere lontani dal centro della città il rugby è, ipse dixit, una buona scusa. Naturalmente era solo una battuta di spirito.
Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 10:31
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E' una bella iniziativa mandare a braccetto sport e cultura e del resto, quanto al nudo, non è che per pruderie staremo a coprire tutti i mosaici scoperti che ornano il Foro Italico e contribuiscono a farne quel luogo unico che è e che come tale è conosciuto e riconosciuto in tutto il mondo, il jolly per la candidatura olimpica del 2024 e per quella per i mondiali di rugby del 2023. Olimpiadi, già: il rugby ci torna quest'anno nella sua versione tascabile a 7. Manca da quasi un secolo, 1924, Parigi, vittoria degli statunitensi che poi devono aver mollato la presa, visto che stelle e strisce non fanno parte del cielo della palla ovale.
Ci sono almeno un paio di curiosità legate a questa presenza olimpica del rugby, nel passato. E ancora ce ne saranno a Rio. Per quel che riguarda il passato il primo torneo, che come l'ultimo si svolse a Parigi, date 1900 e 1924, vi parteciparono soltanto tre squadre, più o meno di club, che furono poi etichettate come Francia, Gran Bretagna e Inghilterra che si classificarono nell'ordine, con i francesi a proporre anche il primo medaglista nero della storia olimpica, il nativo haitiano Constantin Henriquez de Zubiera. Francia protagonista anche nell'ultima edizione, sempre a tre squadre, con i transalpini strapazzati in finale dagli americani, dopo che entrambe le finaliste avevano fatto polpette della Romania.
E' ironico che proprio il rugby, che oggi viene identificato con lo “sport più sport”, il terzo tempo e così via di retorica, che è anche e spesso realtà, sia stato protagonista, invece, in quell'occasione parigina di un finale “calcistico”: pubblico inferocito, feriti in campo, inni nazionali fischiati, squadra vincitrice premiata sotto la scorta della polizia e messa in sicurezza con la presenza agitata dei manganelli. Il ritorno olimpico a Rio, a parte la versione tascabile del 7 invece che 15, proporrà anche altre interessanti vicende. Il rugby dell'altro emisfero, quello migliore, ha deciso, forse spinto dalla necessità mediatica di creare un Dream team sulla traccia dell'Nba, di convocare pure giocatori del rugby maggiore, più noti al pubblico.
Così gli All Blacks porteranno, almeno in ritiro preolimpico a fini di selezione, sei dei campioni del mondo della Nuova Zelanda; un numero analogo di protagonisti della palla ovale saranno chiamati sia dagli Springboks sudafricani che dall'Australia. L'Inghilterra, forse perché ne ha molti meno ma anche perché la nuova strada è quella del Team Gbr, metterà insieme atleti di Inghilterra, Scozia e Galles, in una reunion politico-territoriale già vista a Londra 2012 e ripudiata dal calcio che preferisce lavorare su quattro nazioni (alle tre citate s'aggiunge l'Irlanda del Nord) anziché su una squadra politicamente corretta. L'Irlanda del Nord non è compresa ai Giochi giacché nel rugby, da tempo, l'isola verde è tutt'una fra Dublino e Belfast.
ROMANA E UNICA
Ci sarà modo, dunque, di vedere all'opera, all'Olimpico di Roma, possibili protagonisti dell'Olimpiade di Rio, giacché saranno ospiti dell'Italia l'Inghilterra e la Scozia. Italiani no: a Rio l'Italia non sarà presente né nel torneo maschile né in quello femminile. Quindi è esclusa la consueta ipotesi di uscire “sconfitti a testa alta” che è spesso il mantra del nostro rugby che è probabilmente l'ultimo dei grandi e il primo dei piccoli. La consolazione italiana per Rio 2016 è una ragazza di 22 anni, Maria Beatrice Benvenuti, romana, il più giovane arbitro internazionale, la quale sarà in grado di dimostrare come si sappiano far rigare dritti quei giganti, quegli “energumeni”, come è attribuito dicesse Oscar Wilde, per tenere lontani dal centro della città il rugby è, ipse dixit, una buona scusa. Naturalmente era solo una battuta di spirito.