PERUGIA - Profili hard a nome di una ragazza, vittima anche di minacce e stalking.
Secondo la ricostruzione accusatoria, dopo la fine della loro storia - come ricostruito nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Angela Avila -, sui social erano spuntati gruppi con il nome della giovane seguito da “Hot”, profili con il suo nome sulla piattaforma social e messaggi hard con il suo numero di telefono in calce. Abbastanza perché la ragazza abbia avuto la necessità di un percorso terapeutico, tra angoscia e impossibilità di dormire. L'ex, però, si è sempre detto innocente. Ed estraneo rispetto a messaggi violenti e diffusione delle immagini, addebitando tutti i reati «a un presunto gruppo “criminale” - ha riassunto all'epoca il procuratore capo Raffaele Cantone - interessato alle vicende sentimentali della coppia» e che lo avrebbe aggredito per rubargli i suoi strumenti informatici ed estrapolare, per poi pubblicarle, le immagine intime della ragazza. Proprio su questo punto infatti si è sviluppata la battaglia in aula: se una perizia ha smontato questa difesa (con il pm che infatti ha contestato anche la simulazione), il giovane – difeso dall'avvocato Delfo Berretti – ha comunque sempre sostenuto come certe immagini fossero in realtà in possesso di entrambi i ragazzi. E che quindi non ci fossero prove che sia stato il 26enne a diffonderle, quanto un terzo a cui magari è stata la stessa vittima a inoltrarle. «Siamo soddisfatti della sentenza – ha infatti commentato Berretti - convinti che la prova che sia stato lui a caricare i video non c'è. Ora aspettiamo le motivazioni per procedere con l'eventuale appello, con una decisione che comunque dà la possibilità di chiedere la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità».
Ci sono invece rabbia e sconcerto da parte della vittima, che ancora non ha superato il dolore e la vergogna di quanto ha dovuto subire. «È stato riconosciuto colpevole e questo è un primo punto – spiega Modena -. Ma la condanna è francamente mite e alle vittime rischia di mandare un messaggio scoraggiante: è inutile denunciare, tanto se la caverà con poco. Il pm non può appellare perché si è fatto l'abbreviato e non c'è stata alcuna modificazione del titolo di reato. Mentre l'imputato può rinunciare all'appello e avere così uno sconto ulteriore di pena di un sesto». «Questo significa - conclude l'avvocato - che la pena resterà modesta pur a fronte di fatti di gravità inaudita. Per fatti analoghi c'è chi si è tolto la vita, non ce lo scordiamo».