Le presidenziali argentine si sono trasformate in un ring, un terreno di offese e scontri mai visto sulla figura di Papa Francesco.
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Ad aver fatto esplodere il caso è stato Javier Milei, un economista di 52 anni che si presenta come candidato antisistema, con accenti a volte libertari a volte di estrema destra. Ha ottenuto alle primarie di metà agosto il 29,86% dei voti contro ogni previsione. Il suo eloquio è puntuto e disinvolto fino alle offese rivolte a turno alla casta politica, alla Banca centrale, allo Stato, e a Papa Bergoglio per continuare a muovere i fili della politica nazionale. Lo ha definito «il gesuita che promuove il comunismo», una «persona nefasta», il «rappresentante del Male nella Casa di Dio», un« imbecille» e altri epiteti orribili causando uno shock tra i fedeli argentini che non si capacitano di questa escalation. Ultimamente ha abbassato un po' i toni spiegando che rispetta il Papa come capo della Chiesa cattolica e come capo di Stato ma la ferita è rimasta.
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Proprio ieri un gruppo di parroci dei quartieri popolari e nelle baraccopoli di Buenos Aires hanno concelebrato una messa a sostegno a Papa Francesco, per "riparare agli oltraggi" che lo hanno preso di mira nella campagna elettorale. Solo un migliaio di persone hanno partecipato alla messa nella bidonville numero 21-24, situata a sud della capitale. C'erano anche tanti sindacalisti e alcuni ministri del governo di centro sinistra e il premio Nobel per la pace e amico di Bergoglio, Adolfo Perez Esquivel. La messa che aveva l'imprimatur del vescovo di Buenos Aires è servita per pregare per la Chiesa e l'amore per il prossimo.
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Nel frattempo altre polemiche si stanno facendo largo perchè, nel tam tam elettorale, sembra che il candidato preferito da Papa Francesco sia il suo amico Juan Grabois, un avvocato fondatore del Movimento dei lavoratori (MTE) e attuale membro del dicastero per il Servizio Umano Integrale in Vaticano.
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