Alessandro De Rose, l'uomo che si tuffa dalle nuvole

Domenica 21 Luglio 2019 di Piero Mei
Alessandro De Rose
Mentre salirà su per i più di cento gradini che lo porteranno alla piattaforma a 27 metri d’altezza, otto-nove piani di un palazzo, poco più della metà del Colosseo e poco meno della metà della Torre di Pisa, Alessandro De Rose si farà le domande di sempre: “E se va male? Se cado di schiena? Se non vedo l’acqua?”. Poi, una volta sulla piattaforma, di fronte il cielo, tutto passerà: si concentrerà sul tuffo e solo su quello, non vedrà l’ora di volare, 3 secondi, poco meno di novanta chilometri l’ora. (86,2 dicono i precisi del tachimetro).

LO SCENARIO
Alessandro De Rose pratica i tuffi estremi, che per fare meno effetto vengono chiamati tuffi da grandi altezze. Le gare del circuito professionistico si svolgono con fondali di sogno: Polignano a Mare in Italia, oppure la Porta dell’Inferno in Texas; qualcuno fa del suo a Furore, sulla Costiera Amalfitana; qualcun altro sul Grand Dock di Dublino o dal castello di La Rochelle, in Francia. A Budapest 2017, dove De Rose conquistò il bronzo, in riva al Danubio e in faccia al Parlamento; a Kazan davanti al Cremlino Bianco. A Roma, un domani, in riva al Tevere e con il Cupolone e Castel Sant’Angelo sullo sfondo. Qui a Gwangju al centro di uno stadio, quello della Chosun University. Una torre metallica che un qualsiasi Don Chisciotte scambierebbe per spaventosi guerrieri d’altri mondi, una piscina alla base 15 metri di diametro e 6 di profondità, una ciotola vista di lassù, un bicchiere che fortunatamente non è mezzo pieno e mezzo vuoto, ma tutto pieno e fornito di sub che possono correre al soccorso di un eventuale tuffatore, o tuffatrice, malcapitati. Le donne si tuffano da 20 metri (dal sesto piano), gli uomini da 27: la parità, talvolta, è un optional. Le donne sono 13, gli uomini 23. C’è anche Duque Orlando, classe 1974.

IL CORAGGIO E LA PAURA
A dire quei numeri di metri d’altezza e chilometri di velocità e secondi di durata c’è da pensare che si tratti di Supereroi: uno di loro indossa, quando puo’, la mantella di Superman. Lui si chiama Navratil. In realtà hanno sentimenti normali: “Io, per esempio – ha detto una volta De Rose – ho paura delle meduse e di guidare la notte”. Però si sente come quando da ragazzino gli dicevano di una cosa “non la puoi fare”; era allora il momento di farlo.

PRONTO AL TUFFO
Alessandro si prepara in palestra o dalla piattaforma a 10 metri: il tuffo lo divide in tre parti, stacco, evoluzione e entrata in acqua, sempre di piedi. Li ricompone mentalmente. Da 27 metri li congiunge ed ecco il puzzle che lo ha portato nell’élite del professionismo mondiale, un circuito di assi. A Polignano a Mare, dove ha vinto una volta, gli hanno dedicato un panino. Ne scandisce la ricetta: il pane è rosso, al pomodoro, e dentro ci sono verdura, mozzarella, pesce spada, soppressata e “la cipolla di Tropea che gli dà il dolce”, spiega il ragazzo di Calabria.

DA CAMERIERE A TUFFATORE
Alessandro si manteneva lavorando come cameriere in pizzeria; ha avuto una vita “sgangherata”, non per colpa sua. La morte del padre quando lui aveva 14 anni, rapporti umani non facili in famiglia e nei tuffi, tatuaggi infiniti che raccontassero la sua rabbia. Poi l’incontro con Nicole Belsasso, la fidanzata allenatore. Con lei a settembre è previsto il tuffo nel matrimonio. “Mi ha detto: se non me lo chiedi tu, finisce che te lo chiederò io. Ho reagito da uomo: gliel’ho chiesto”. L’amore, i tuffi: “E’ la mia rivincita sulla vita”. Prova a togliere dalla pelle qualche tatuaggio, non sempre ci riesce. Si tuffa domani per la prima sessione della gara di high diving.
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