Gli 80 anni del "Caimano", la pallanuoto festeggia il mitico Eraldo Pizzo

Venerdì 20 Aprile 2018
Eraldo Pizzo

RECCO - I capelli bianchi non devono ingannare: la potenza del 'Caimano' è sempre intatta, come sono vivi i suoi ricordi, suddivisi fra varie epoche. Eraldo Pizzo, oro olimpico a Roma 60 col Settebello di pallanuoto, domani taglia un altro importante traguardo della vita: quello degli 80 anni, che ha attraversato con la limpidezza degli eroi dello sport. «Mi chiamavano Caimano perché scattavo prima di tutti al fischio, ma quel nome è diventato il marchio del mio modo di giocare». Anzi, di vivere, visto che Pizzo è ancora attivissimo, come dirigente della Pro Recco. Volti e successi non hanno intaccato la sua 'corazzà di uomo che cominciò a diventare fenomeno della pallanuoto quando ancora il rettangolo di gioco era 'disegnatò nel mare, con le onde che scandivano strategie d'attacco e di difesa. «Era un'altra pallanuoto - ricorda oggi Pizzo -. Mio fratello Piero, che ha quattro anni più di me, giocava già verso la fine degli anni '40. A Recco non c'era scelta: o ti davi alla pallanuoto oppure al calcio. Andavo a mare con Piero in una zona dove, fra la spiaggia e la diga, c'era il campo. La Pro Recco era stata rifondata nel 1946 e militava in Serie B. Nel 1952 arrivò la promozione in A, ma non potè disputarla, perché la Federazione imponeva un molo fisso agli arbitri che a quel tempo arrivavano in barca e dirigevano le partite dal battello ancorato. La Serie A vera si materializzò nel 1954, a seguire sarebbero arrivati gli scudetti». Pizzo cominciò tardi a nuotare. «Solo a 11 anni - ricorda - a quell'epoca nessuno t'insegnava; esordìi negli Allievi a 13, giocavo e prendevo botte da quelli di 18, visto che il campionato giovanile era unico». La Pro Recco che avrebbe vinto 14 scudetti fra il '59 e il '74 «era una squadra di giovani». Nel '65 arrivò la Coppa dei Campioni, «ma prima - precisa il 'Caimanò - ci furono i Giochi a Roma». Che, a Pizzo, portarono l'alloro olimpico. «Fu un'esperienza fantastica, anche se allora non c'era la pubblicità di oggi - racconta -. La chiamarono la 'Grande Olimpiadè e nessuna definizione è stata più appropriata. Nel villaggio c'erano i grandi ristoranti: si mangiava cinese, indiano, africano, anche se tutti venivano in quello italiano. Vivevamo tutti assieme, ogni giorno incontravamo gente come Cassius Clay o Wilma Rudolph, colossi dello sport. Clay era alto, bello e sempre sorridente, aveva la faccia pulita di un bambino. E poi, Roma: potranno fare l'Olimpiade a New York o chissà dove, ma a Roma è una cosa unica. Irripetibile».

L'Italia vinse e, a soli 22 anni, Pizzo si ritrovò con l'oro appeso al collo. «Il Coni ci diede 250 mila lire di premio, la Fiat invece ci regalò un 500, ma io non avevo la patente.

L'auto era intestata a me, ma di fatto non potevo guidarla: lo feci lo stesso». Pizzo c'era anche a Monaco di Baviera, nel '72. «Eravamo già ripartiti, ma vedemmo le immagini del blitz terroristico, degli atleti in ostaggio, gli israeliani alloggiavano nell'edificio di fronte al nostro: fu un'esperienza terrificante». Un altro ricordo indelebile: la conquista della Coppa dei Campioni, che la Pro Recco si aggiudicò battendo il Partizan Belgrado 'solò 1-0. Un punteggio più unico che raro nella pallanuoto. «Trionfammo a Milano, nella seconda edizione del torneo - le parole di Pizzo - ricordo che a vederci c'era anche Angelo Moratti, presidente dell'Inter. Quel punteggio, al giorno d'oggi, con il limite di tempo dell'azio a 30', sarebbe impossibile». Oggi Pizzo ha tre figli «e un nipote», ma il mondo è cambiato anche a Recco e in acqua. «È cambiata la pallanuoto - afferma - c'è troppa fisicità, si è andati troppo oltre; ma penso che, nonostante tutto, mi troverei ugualmente a mio agio. Perché mi chiamano 'Caimanò? Perché quando gli arbitri erano in barca, mi muovevo prima che fischiassero l'inizio della partita. Volevo avvantaggiarmi e il mio allenatore disse: guarda Eraldo, sembra un caimano». E da quel giorno lo fu per sempre.

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