Centenario di Gianni Brera: anche a Nordest i segni indelebili della sua classe

Sabato 7 Settembre 2019 di Gigi Bignotti
Centenario di Gianni Brera: anche a Nordest i segni indelebili della sua classe

In una  saletta del mitico ristorante "Riccione" di Milano c’è ancora un quadro appeso al muro: GioannBrerafuCarlo seduto a tavola con i suoi amici del "Club del Giovedì". A Padova purtroppo ha chiuso lo storico  "Cavalca": alla parete del locale, appena entrati sulla destra, spiccava una splendida foto enogastronomica del paron Nereo Rocco con il suo amico e sodale di cui domani, 8 settembre, si celebra il centenario della nascita.

«Il mio vero nome è Giovanni Luigi Brera, sono nato l'8 settembre 1919 a San Zenone Po, in provincia di Pavia, e cresciuto brado o quasi fra boschi, rive e mollenti. Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po» scriveva nelle sue presentazioni il "Poeta degli Stadi". Che fra l'altro - pochi lo ricordano - è stato anche il più giovane direttore della Gazzetta dello Sport, nei primi anni 50, poi lasciata perchè "il mestiere si fa sul campo, non sono fatto per comandare gli altri...". Brera era un provocatore anche, uno straordinario inventore di neologismi, ma soprattutto il giornalista che ha dato dignità alle cronache sportive, senza ombra di dubbio il fondatore della letteratura sportiva.  

Le cronache sportive - E oggi quante volte noi "SenzaBrera" ovunque dispersi ci chiediamo "chissà cosa avrebbe detto il Gioann di quello che accade nel calcio e nello sport?". Ha dato straordinarie risposte l'amico e vero erede del Giuan (anche se lui non ama questa definizione), il giornalista Gianni Mura di Repubblica con un ricordo toccante e intriso di stretta attualità: «...Brera sarebbe andato al funerale di Gimondi, il suo Nuvola Rossa.

Anche se non gli piaceva andare ai funerali e preferiva piantare un albero per ogni amico che moriva. Oggi sarebbe un bosco, e oggi come quel giorno di dicembre del ’92 gli sia lieve la terra».

Il grande evento celebrativo del Centenario  sarà proprio nella sua San Zenone, ma qui a Nordest ha lasciato tanti estimatori, amici e amiche a cominciare da Nostra Signora della Grappa, al secolo Giannola Nonino - unica donna ammessa al Club del Giovedì - che alzerà senz'altro un calice per lui. Ha lasciato anche un libro scritto per il Gazzettino "Petrarca Padova, una sfida all'Italia" opera  che gli commissionò il suo amico Giorgio Lago, che Brera chiamava Cochise per via dei tratti vagamente indiani.   Ha lasciato anche il ricordo di una rubrica voluta dall'altro breriano doc Beppe Donazzan "Brera la vedeva così" che è uscita per 4 anni su Ognisport, l'inserto sportivo del nostro giornale. Ma Gianni Brera ha lasciato  soprattutto una visione del mestiere e dello sport che è difficilissimo ritrovare ai giorni nostri perchè fondata e declinata sempre in termini di cultura, tradizioni, storia, competenza e professionalità

Il collega trentino Claudio Gregori, firma della Gazzetta, ricorda un aneddoto che ha dell’incredibile:
«Mentre era inviato in Scandinavia incontrò un atleta finlandese su un traghetto e non conoscendo l’idioma locale, Brera lo ha intervistato in latino. Era un uomo che conosceva le lingue, le amava e spesso italianizzava parole imparate in tedesco, francese o spagnolo». E Leonardo Coen, oltre ad essere stato collega di Brera a Repubblica, è stato un ottimo amico di famiglia: «Gianni recuperava il dialetto, unico tra i giornalisti sportivi, per dare un senso di identità».

Grazie Gianni. Prosit.

Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 11:10
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