Viva la faccia di Max Allegri. Che in un mondo di parole a mestiere e false verità come quello del calcio, dove la convenienza sta alla base di qualsiasi mossa, non si preoccupa minimamente di frenare la propria coscienza. E di dire esattamente ciò che pensa. Ad esempio: gli rinfacciano, praticamente a ritmo quotidiano, di non far giocare bene la Juventus? «Chi mi critica si facesse curare... Io lo dico sempre: ci vogliono i dottori bravi....», ha dichiarato dopo il capolavoro allestito l'altra sera contro l'Atletico Madrid. Fabio Capello, uno che di calcio e di allenatori un po' se ne intende, l'ha etichettato come il migliore in campo. Più bravo addirittura del fantascientifico Cristiano Ronaldo. Perché il piano tecnico-tattico attraverso il quale ha distrutto il Cholo Simeone sarebbe da prendere e portare in visione agli allievi del supercorso di Coverciano. Eppure, Max non piace; non soddisfa i palati di chi si ciba di se stesso e delle proprie certezze. E così alla prima occasione ripartirà il coro dei denigratori: Allegri non fa giocare bene la squadra. Che, poi, bisogna mettersi d'accordo su un punto: cosa vuol dire giocare bene? Forse rispettare al cento per cento i canoni del calcio che sta scritto sui libri? Allegri, in questo senso, ha sempre preferito andare per conto proprio. Scegliendo una strada che alla Juventus l'ha portato a vincere quattro scudetti e trequarti in cinque anni. Poco? Fate voi. «Nel calcio si fa troppo teoria, ormai. Il calcio non è il basket che si gioca con le mani e su un campo di dimensioni ridotte: lì puoi affidarti a uno schema, tanto se non ti riesce dai la palla al più bravo che fa uno contro uno e va al tiro. Su un campo di centodieci metri, dove si gioca con i piedi e ci stanno i contrasti, è complicato fare uno schema. Non vincono gli schemi, ma vincono i gesti tecnici dei calciatori. Il calcio è semplice: organizzazione difensiva e tecnica individuale», il suo credo. Eretico, per molti. Pratico, per noi.
FILOSOFI DEL NULLA
Conta vincere, si sa.
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