Roma e Liverpool, mai così lontane e mai così vicine

Martedì 24 Aprile 2018 di Alessandro Angeloni
Dzeko e Kolarov
dal nostro inviato LIVERPOOL Si detestano perché troppo simili, come quei fratelli che non riescono a condividere la stessa camera perché hanno gusti diversi: a uno piace Beethoven all’altro Jovanotti o, per restare banalmente in mezzo alle acque e nei Docks di Liverpool, uno gradisce i Beatles e l’altro i Rolling Stones. Liverpool e Roma sono nemici giurati, ma hanno tanto in comune. Troppo. Dalle possibili/teoriche affinità si è passati all’astio. Hanno lo stesso carattere, focoso, un colore in comune, il rosso, una curva appassionata e mitologica, la Kop da una parte e la Sud dall’altra, dalle due società esce un senso di appartenenza quasi integralista nel quale si riconoscono da sempre le due tifoserie e poche altre sono così agli occhi del mondo. Quel “You’ll nerver walk alone” ti invia brividi al cervello, lo ascolti e lo leggi perché è impresso in tanti angoli di Liverpool
 
e su tutti i muri di Anfield, come il “Roma Roma Roma” che si ascolta all’Olimpico ed è stampato nei cuori giallorossi, o il “Mai sola mai”, arrivata tanti anni dopo l’inno di Venditti ma è pur sempre il racconto di una meraviglia, ovvero la passione delle gente per una squadra di calcio, o in questi casi per un simbolo, Gerrard da una parte, Totti dall’altra, quasi mille partite in due, regalate solo a Roma e Liverpool. Ci sono gli estremi per un gemellaggio teorico, forse anche paradossale. Ma sono estremi, non si toccano, perché è esistita quella maledetta (per i giallorossi, ovvio) finale del 1984, che ha infranto i sogni dei bambini e ha posizionato Roma e Liverpool su due rette parallele, distanti, irraggiungibili, ha cambiato la storia. O forse ha strozzato sul nascere ogni affinità elettiva che avrebbe fatto invidia a tutti. Del resto non puoi essere amico di chi ti ha fatto piangere, di chi ti ha preso per i fondelli (Grobbelar), di chi ti ha umiliato dentro casa tua (Olimpico), di chi ti ha fatto ascoltare, a casa sua (Anfield) un’amarissima “Arrivederci Roma” dopo averti buttato fuori dalla Champions nel 2002. Non a caso, a distanza di 34 anni, un paio di quelli che stavano in campo quel 30 maggio, presenti oggi ad Anfied, e in coppia come un tempo, si prendono la loro particolare rivincita, con qualche foto provocatoria (pubblicata e poi rimossa di corsa per non sfiorare l’incidente diplomatico) davanti ai simboli dei Reds. Non è andata giù, insomma, si prova a scherzare ma si finisce sempre lì. Non passa, ma quale amici, ma quale emozione. E’ sempre una guerra dell’anima.

MODELLI
Eppure Liverpool e Roma sanno regalare le stesse atmosfere, le annuseremo stasera e sarà lo stesso il 2 maggio all’Olimpico. In fondo in fondo, non lo sanno, ma i due club, ora entrambi guidati dall’America, si vogliono bene. «Quando sento il nome Liverpool provo rispetto, grande squadra, grande club, grande tifoseria. Un modello da seguire. L’atmosfera, il sentimento e la passione dei fan è davvero impressionante. Ovviamente, se ripenso a quella finale di Coppa dei Campioni, è un brutto ricordo», le parole di Totti. Ecco, appunto. Quasi quattromila tifosi giallorossi saranno seduti (nemmeno troppo) nella zona nord dello stadio Anfield, opposti alla Kop: niente alcol, niente agguati, né cariche, solo passione. Tutto è da ieri sera sotto controllo di forze dell’ordine e addetti alla sicurezza dello stadio. La squadra ieri ha depositato una corona di lo stadio di Anfield per ricordare i morti dell’Hillborough, anno 1989. Poi, nemici come prima. Anzi, come sempre.
 

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