Totti, Baldissoni: «Pallotta non vende il club. Totti? Nessuno può decidere da solo»

Martedì 18 Giugno 2019 di Gianluca Lengua
Totti, la risposta del vicepresidente Baldissoni: «Nessuno può decidere da solo, la Roma non è in vendita»

A Francesco Totti arriva una prima risposta da Mauro Baldissoni, vicepresidente della Roma: «Dispiaciuto per le sue parole, ma nessuno può decidere da solo in una società. Comunque su Ranieri è stato ascoltato. Attorno a febbraio gli è stato proposto di assumere il ruolo di direttore tecnico e siamo rimasti molto dispiaciuti che lui non abbia risposto».

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La considerazione di Totti. «Io credo che sia opportuno prima di tutto fare una considerazione, che meriterebbe probabilmente un approfondimento più ampio, su quello che è il momento di passaggio che tutti i grandi calciatori vivono dall’essere un’icona, parliamo di Francesco che probabilmente è il più grande calciatore della storia del calcio italiano, al diventare qualsiasi altra cosa, qualsiasi essa sia. È un percorso non semplice, è un percorso anche non rapido, che implica anche un passaggio interiore che va accompagnato. Noi siamo sempre stati molto convinti di questo, siamo stati convintissimi dell’esigenza di essere pazienti e di aspettarlo, non abbiamo mai avuto fretta di imporgli delle attività, come ha detto lui stesso anche ieri, il primo anno magari era più difficile anche per lui rendersi conto e farsi un’idea di quello che succedeva. Devo dire che a metà del secondo anno, esattamente dopo il momento di discontinuità succeduto all’uscita di Monchi, la società gli ha proposto di assumere quello che lui da sempre riteneva fosse il ruolo più consono alle sue caratteristiche, quello di direttore tecnico, propostogli intorno febbraio e per il quale lui non aveva ancora dato una risposta. Per questo siamo rimasti molto dispiaciuti di sentire quella che era la sua percezione, di non essere stato in grado magari di incidere, anche se ripeto voglio usare le sue parole, lui stesso ci racconta di come l’iniziativa di suggerire la scelta di Ranieri come sostituto di Eusebio Di Francesco, a dispetto magari di opinioni diverse di altri dirigenti che lavorano nell’area tecnica, è stato un suggerimento accolto dalla società, che ha ritenuto che fosse la scelta migliore; successivamente anche la proposta di andare a tentare quell’avventura molto interessante, convincere Antonio Conte a diventare l’allenatore della Roma, anche in questo caso la società l’ha voluto seguire andando a esporsi a un tentativo difficile, perché Guido Fienga che lo ha accompagnato in questo tentativo è il Ceo della società, rappresenta chi ha le deleghe operative di gestione della società. Quindi è evidente che parliamo di un percorso, ma che aveva già avuto modo di esprimere considerazioni che la società ha tenuto in grande considerazione. Poi io non lavoro nell’area tecnica e non so se in altre situazioni come ci ha detto lui alcune sue indicazioni sono state meno considerate, ma questo può succedere, sottolineo di nuovo nell’ambito di quello che è percorso, che non è un percorso né facile né breve, per il quale noi speravamo che potesse sempre di più invece integrarsi e continuare a crescere, in quello che comunque va ricordato resta un lavoro di squadra, perché nessuno, non credo soltanto nella Roma, nelle altre società di calcio, ma probabilmente in tutte le aziende, può decidere da solo, deve essere un confronto con più persone».
 
La deromanizzazione. «Questo dispiace molto, dispiace molto che questa sia la sua percezione, figlia magari anche dell’amarezza, ma su questo non possiamo che rispondere con dei fatti, perché alla fine le parole e le percezioni lasciano il tempo che trovano ma i fatti restano: Francesco ha avuto due contratti da calciatore da questa nuova proprietà e poi un contratto da dirigente per altri sei anni e con una proposta che abbiamo citato di diventare direttore tecnico ormai già dal febbraio scorso. Parlando anche di Daniele, che Francesco ha associato a questa considerazione, anche lui ha avuto due contratti da calciatore per un totale di sette anni ancora in campo, quando abbiamo ritenuto – con una scelta tecnica giusta o sbagliata che sia, non è di mia competenza e non voglio entrarci – di offrirgli di cominciare un percorso all’interno della società, o come dirigente a fianco dell’amministratore delegato addirittura o come allenatore a seconda di quella che potesse essere la sua decisione. Ma non ci fermiamo a questo, pur restando in campo, vogliamo ricordare anche gli altri investimenti che la società ha voluto fare per riportare gli altri ragazzi cresciuti nel settore giovanile, anche dove fosse stato necessario andare a completare la loro formazione fuori in altre squadre, quindi implicare poi un investimento concreto in termini di denaro da parte della società, parlo ovviamente di Florenzi e di Lorenzo Pellegrini, la società non si è tirata indietro per riportare questi giocatori a casa. Ha voluto riconoscere a Luca Pellegrini, al quale faccio i complimenti per l’ottimo Mondiale Under 20 appena giocato, aggregato giovanissimo alla rosa della Prima Squadra quest’anno, quindi con un ruolo importante almeno fino a gennaio, quando poi si è deciso di dargli più spazio per giocare. Ma questo si associa anche a tutte le altre iniziative che credo siano un vanto e un merito di questa società. Aver avviato un programma che voi tutti sapete si chiama Hall of Fame, che non riguarda poi soltanto la celebrazione di chi viene nominato nella Hall of Fame, ma che in assoluto consente a tutti i calciatori che hanno giocato almeno una partita con la maglia della Roma di poter tornare a far parte di questa famiglia con una semplice telefonata, venire a Trigoria e allo stadio in qualsiasi momento essi vogliano. Aver coinvolto il più possibile gli ex calciatori in tante attività della società, farò dei nomi, senz’altro mi scuso perché ne dimenticherò alcuni, parlo di Desideri, di Chierico, di Rizzitelli, di Righetti, di Candela, di Nela, perché è chiaro l’obiettivo di questa società: qualora ce ne sia la possibilità, privilegiare chi ha speso tanto per portare il nome di questa squadra, di questa maglia, all’attenzione e al rispetto del pubblico nazionale e internazionale. Neanche cito gli altri investimenti fatti per recuperare quello che consiste oggi nell’archivio storico, un lavoro di recupero di oggetti, di memorabilia, di immagini che fanno parte dell’attività quotidiana di questa società dal punto di vista della comunicazione ma anche della produzione di ricavi. Perché è evidente che il contrario, questo concetto di deromanizzare, sarebbe totalmente sciocco e autolesionista. Il patrimonio che è rappresentato da questi giocatori e quindi evidentemente prima di tutti da Francesco Totti, da Daniele De Rossi, giocatori di questo calibro, è un patrimonio che implica un valore inestimabile da un punto di vista comunicazionale, emozionale e patrimoniale. Come potremmo essere così stupidi da fare il contrario? Ma ripeto, sono i fatti a dimostrare che non è così. Vi cito un aneddoto, la prima volta prima ancora del completamento dell’acquisizione da parte degli americani incontrai Francesco, quindi a trattativa ancora in corso e lontana dalla definizione, gli andai a spiegare quella che era la considerazione degli americani e gli andai a raccontare un episodio, a dargli una notizia che lui stesso non conosceva e a dirgli che Francesco Totti statisticamente nel mondo era più conosciuto dell’AS Roma all’epoca e tra l’altro c’era una seconda fascia di persone che conosceva Francesco Totti, conosceva la Roma, ma magari non associava il fatto che Francesco Totti giocasse nella Roma e quindi il riconoscimento di tale valore era imprescindibile anche nella scelta di investimento nella Roma. Quindi nulla di più lontano dal vero che pensare di voler allontanare Francesco Totti».
 
 
L’assenza di Pallotta. «Sulla sua assenza mi limito veramente a una considerazione: tutti sappiamo che quest’anno i due principali tornei europei sono stati vinti dal Liverpool e dal Chelsea e vi invito a verificare quante volte John Henry o Roman Abramovic siano stati presenti nella sede della società. Detto questo sul fatto che non si siano parlati, io ricordo perfettamente, perché è un fatto noto e Pallotta lo ha dichiarato pubblicamente in tempi non sospetti già dal momento in cui Francesco ha smesso di giocare, che lo ha invitato a passare del tempo con lui negli Stati Uniti, lo invitò pubblicamente a passare sei mesi a Boston con lui per conoscere tutte le dinamiche dei suoi investimenti nella Roma e in tutte le società che girano intorno a questo progetto. Ma anche recentemente so che lo ha invitato a passare del tempo a casa sua, sia a Boston sia nella sua residenza al mare. Poi mi rendo conto che probabilmente c’è una difficoltà di lingua, di cultura, che non facilita questa comunicazione e sulla quale noi avremmo potuto anche impegnarci di più a favorirla, però diciamo che l’interesse del presidente è sempre stato, come da lui stesso dichiarato, quello di avvicinare questi grandi giocatori».
 
Il rapporto tra Totti e Baldissoni. «A parte che secondo me è sempre sbagliato personalizzare i rapporti. Ho visto che gli è scappata una risata furba a Francesco...Premesso che per me lui è un idolo di infanzia, ricordo anche di aver fatto qualcosa al di fuori delle mie caratteristiche: una volta scrissi una lettera a un giornalista per difenderlo. Un giornalista del Corriere della Sera che lo aveva attaccato nell'ambito della vicenda del calcio a Balotelli. Tra noi c'è sempre stato un rapporto chiaro, cortese e corretto. Non mi occupo dell'area tecnica, dove opera lui, quindi non ho molti motivi di confronto quotidiano ma soprattutto il primo anno gli ho dato la massima disponibilità e più volte l'ho invitato a venire da me, la mia stanza è sempre aperta per fare domande o anche solo a leggerci il giornale e vedere soltanto cosa avveniva nei primi tempi, farsi almeno una idea di cosa poteva essere la vita all'interno del club. Magari per prendere spunto lui stesso su cosa avrebbe voluto fare visto che parliamo dei primi periodi in cui magari doveva ancora farsi una idea chiara di dove dovesse orientare i suoi sforzi. Ripeto, non opero nell'area tecnica quindi non ho molti punti di confronto ma non posso che confermare di avergli dato sempre la mia più grande disponibilità e che tra l'altro è rimasta così fino alla fine».
 

 
Risvolti legali. «Noi non potevamo fare a meno di notare questo ripetuto riferimento a un potenziale ritorno con una nuova proprietà. Anche se, per correttezza, abbiamo notato che era sollecitato più che altro dai giornalisti e non da Francesco. Abbiamo voluto ricordare che qualsiasi iniziativa volta eventualmente al passaggio di proprietà deve essere condotta nei modi corretti essendo noi una società quotata che deve rispettare le rigidissime e importantissime regole finanziarie. Detto questo il presidente è stato chiaro tantissime volte, anche recentemente, e ha voluto esserlo anche nel comunicato di ieri: la Roma non è in vendita e l'attuale proprietà non ha interesse a mettere in vendita la società e questo è bene che i mercati lo sappiano».
 

Punti positivi della conferenza. «A noi lascia tanto dispiacere e tanta amarezza perché è evidente che sia una sconfitta di tutti quando non si riesce a trattenere quello che, come ho ribadito poco fa, è un grandissimo patrimonio per la Roma e per la società AS Roma. Non possiamo che essere dispiaciuti. Dal punto di vista delle strategie di mercato diciamo che non sono associate in nessun modo a questo. La Roma ha un piano che va avanti e che deve andare avanti a prescindere da chi è all'interno della società. Io non mi occupo di mercato, quindi non posso entrare in considerazioni tecniche, l'unica cosa che posso fare è, per l'ennesima volta, far riferimento a dei fatti. I fatti dicono che questa proprietà ha investito senza sosta in questi anni, ha ereditato come sapete una società con delle difficoltà finanziarie, economico-finanziarie e non a caso è stata venduta da una banca.  Ha completato un risanamento e ha investito costantemente sul campo portando dei risultati che riteniamo piuttosto buoni: 5 qualificazioni consecutive in Champions League, due ottavi di finale e una semifinale di Champions. Ottenute investendo, secondo una statistica recente, tra le dieci società che hanno investito di più in calciatori. Ovviamente ciò accompagnato anche da delle cessioni, perché sapete che abbiamo dei vincoli che non sono stati creati da noi ma dalla Uefa rispetto al FFP che tutti conoscete anche se non piace mai affrontare questo tema. Come abbiamo dimostrato negli anni precedenti, lo faremo ancora, anche nell'anno in cui la Roma è rimasta fuori dalla Champions, ha giocato l'Europa League, chiuse il campionato con il record di punti della sua storia. Evidentemente continuerà a impegnarsi per cercare di rendere competitiva questa squadra sempre di più e magari vincere qualche trofeo. Sbagliare può far parte della gestione tecnica. Nel mondo del calcio non è infrequente e non capita solo alla Roma. Quest'anno sono stati fatti degli errori, come ha ammesso e dichiarato più volte il presidente. Si può passare per una annata negativa, siamo arrivati sesti e non era sicuramente il nostro obiettivo. Ma questo non può che essere una motivazione in più per migliorarsi. Il Presidente Pallotta, che so non godere di molto credito da questo punto di vista, è una persona estremamente ambiziosa e che fa questo investimento con la volontà di primeggiare nel campo sortivo. Voglio ricordare un grande equivoco del quale è vittima, ricordando la sua prima intervista proprio fatta su Sky quando venne a Roma. Parlando della sua avventura spiegò che nello sport, nonostante tutto il suo successo in ambito professionale, ha avuto modo di comprare i Boston Celtics con altri soci. Ha avuto la fortuna dopo 5 anni di poter conseguire, dopo tanto tempo, un titolo NBA. E disse che si augurava di poter replicare qualcosa di simile con la Roma. non ha mai detto che prometteva lo scudetto in 5 anni, ma che era il suo obiettivo, la sua ambizione, di poter arrivare di nuovo a poter primeggiare come era stato per i Boston Celtics. Ma questa resta senz'altro la sua ambizione e evidentemente si rafforza nel momento in cui passiamo da una stagione sfortunata nella quale abbiamo fatto errori che lui stesso ha ammesso e che senz'altro per primo vuole correggere”.
 
Lo stadio. «Lo stadio è cruciale e questo fortunatamente nell'ultimo periodo l'ho sentito ripetere da tantissimi personaggi e vorrei citare per primo Claudio Ranieri che ha avuto più di una esperienza all'estero e si è reso conto di quanto questo sia vero. Poter costruire uno stadio di proprietà nel calcio moderno significa avere un amplificatore di ricavi che sono necessari alla società Roma per poter incrementare la sua capacità competitiva. Senza, l'orizzonte diventa molto complesso. Non complesso dal punto di vista dei rischi di gestione della società, ma complesso rispetto alla capacità di primeggiare che è quello che tutti dichiarano di volere. Se tutti dichiarano di volere primeggiare sappiate che senza un acceleratore di ricavi che passa per la costruzione di una nuova infrastruttura sarà pressoché impossibile sfidare la Juventus che solo da sola ha più del doppio del nostro fatturato. Questo è un elemento che resta sul tavolo e che deve essere chiarito. È evidente che se alla lunga il presidente vedrà che non gli viene consentito di poter passare attraverso quello che è un rivestimento enorme e tutto finanziato privatamente per consentirgli di primeggiare e di competere, è evidente che potrebbe pensare che forse non vale la pena farlo. Ma siate sicuri che non lascerà nulla di intentato per lungo tempo affinché ciò avvenga».
 
 

Ultimo aggiornamento: 22:59
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