Arringa d’amore per un mondo da non cancellare

Martedì 18 Giugno 2019 di Enrico Vanzina
Trattenendo il fiato e ascoltando la sofferta conferenza stampa di Francesco Totti, ho capito. Ho capito improvisamente che Francesco stava facendo un salto di qualità. Da grande giocatore, da fenomeno del calcio, più parlava più e più si stava trasformando, involontariamente, in un’altra figura mitica di cittadino romano: Marco Tullio Cicerone. Non esagero. La conferenza stampa di Francesco Totti, come una delle famose arringhe di Cicerone, si è colorata con i colori della Storia. Quella dei momenti decisivi della Repubblica romana, poi dell’Impero. Quando le parole di un uomo affrontano i grandi temi della sopravvivenza di un’ideale. E’ vero, si è parlato di Pallotta, di De Rossi, di Baldini, delle beghe, delle pugnalate, delle porcate. Lo sapevamo già. O lo sospettavamo. Quello che non avevamo ancora intuito fino in fondo è che Francesco Totti è stato scelto dal destino per difendere non solo la Roma Calcio, quella dei tifosi, quella della fede giallorossa, ma per farci riflettere su Roma, come entità, come valore, e su come difenderla dai suoi nemici. Perché Roma ha tanti nemici, tanti detrattori. Piccole persone che la invidiano e che non l’hanno mai accettata.

<HS9>Vado oltre. Nelle parole di Totti si sentiva Cicerone che parla al popolo romano, ma anche Shakespeare, quello del “Giulio Cesare”, quello della straordinaria orazione funebre di Marco Antonio che inchioda i cospiratori alle loro responsabilità. Grande Totti, grande e lucida visione di un mondo romano che vacilla ma che lui difende, contro tutto e contro tutti. Le sue parole valgono per il misero mondo del pallone venduto ai soldi, ma valgono anche per la misera politica che umilia Roma. Nani che schiaffeggiano un gigante. Che deridono la sua storia. Che hanno portato i nostri cittadini alla rassegnazione. Non avevano fatto i conti con un ragazzo di Porta Metronia il quale con parole semplici, trasparenti, ha rimesso a posto le cose. Usando, forse senza rendersene conto, la metafora del calcio ha smascherato le ipocrisie del potere. Quello con la P maiuscola. Francesco ha detto: per governare Roma, per rilanciare Roma, per difendere l’onore e il passato di Roma, servono persone che amano Roma. Non dei mercenari. Roma non è una azienda dove l’Amministratore delegato deve essere soprattutto capace. Roma non è un valore commerciale, è un sogno, un ideale, una visione del mondo.

Chi non ne conosce i fondamentali deve farsi da parte. Diceva Goethe che solo a Roma ci si può preparare a comprendere Roma. Non da Boston. Ma nemmeno dalle poltrone della politica (da destra a sinistra) che cerca consensi con le bugie. Francesco ha detto: per parlare con i romani bisogna sempre dire la verità. Perché i romani capiscono, perdonano, aiutano, dimenticano, ma a una condizione: non vogliono essere presi in giro. Non vogliono falsità. Essere romano consiste nell’essere cosciente dei picchi della storia e dei suoi declini. I romani hanno attraversato tutte le stagioni. Ma hanno sempre rialzato la testa. Francesco Totti ci ha detto: spazzate via chi non vi ama, perché vi sta sicuramente tradendo. Una superba, semplice, talvolta ingenua, ma autentica e potentissima arringa sul valore della romanità. Grande Capitano. Anche di vita.
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