PADOVA - Asili nido: in lista d’attesa resta un bambino su 5. Contrariamente alla scuola primaria dove alcuni istituti devono accorpare le classi e in un caso – la De Amicis di via Citolo da Perugia – l’anno prossimo si rischia di chiudere i battenti per mancanza di iscrizioni, i nidi cittadini registrano un vero e proprio overbooking. A fronte di circa 800 posti disponibili nelle 18 strutture che fanno capo a Palazzo Moroni, quest’anno sono arrivate 1.024 richieste.
Com’è facile immaginare, ci sono strutture decisamente più gettonate di altre. A titolo di esempio, la lista d’ attesa del Mago di Oz all’Arcella conta ben 31 bambini. «Come sempre accade in questi casi – ha spiegato ieri l’assessora alle Politiche scolastiche Cristina Piva – sicuramente qualche posto si libererà e qualche bambino in lista riuscirà ad entrare. Resta il fatto che la tendenza è questa: da qualche anno la domanda supera abbondantemente la richiesta».
IL FENOMENO
«A contribuire a questo fenomeno – ha detto ancora l’esponente del Partito democratico – c’è il fatto che, dal punto di vista economico, nonostante gli incentivi, i nidi comunali sono più accessibili rispetto a quelli privati e questo induce molte famiglie che non possono permettesi altre strutture, di rivolgersi ai nostri asili nido». Una tendenza diametralmente opposta si registra, invece, nelle 10 scuole d’infanzia comunali.
Qui, infatti, ci sono ancora 29 posti liberi. Alla Cremonese di San Lazzaro ci sono ancora 10 posti a disposizione. La Wollemborg di Salboro può accogliere, invece, ancora 11 bambini. «In questo caso – ha detto ancora l’assessora – la motivazione potrebbe essere legata al fatto che l’offerta di scuole materne paritarie è molto vasta e i costi sono più contenuti rispetto a quelli dei nidi». E, proprio per non gravare sui bilanci di migliaia di famiglie padovane, la scorsa primavera il Comune ha deciso di tagliare del 90% l’adeguamento Istat per il pagamento delle tariffe di asili nido, della refezione scolastica e del “tempo lungo” della scuola dell’infanzia.
IL TAGLIO
Come accade ogni anno, i comuni sono tenuti ad applicare gli adeguamenti Istat ai servizi a domanda individuale. Adeguamenti che, per molti anni, erano quasi impercettibili dal momento che l’inflazione, dal 2013 in poi, raramente ha superato l’1%. Quest’anno, però, complice soprattutto l’aumento di petrolio e gas, il discorso è completamente diverso. A dicembre 2022 (data di riferimento per calcolare gli aumenti da applicare quest’anno) l’inflazione ha toccato quota 11,3%. Quindi, in teoria, palazzo Moroni avrebbe potuto tranquillamente alzare le rette di oltre il 10%. I rincari delle mense e degli asili non andranno, però, oltre l’1,13%.