16.000 km a bordo di "Piero", vecchio furgone fino in fondo al Mongol rally

Martedì 21 Agosto 2018 di Nicola Astolfi
Caterina Secchieri con l'equipaggio di "Alboreto is nothing"
ROVIGO - Dopo quasi 16mila chilometri, domenica la rodigina Caterina Secchieri con l'equipaggio Alboreto is nothing ha concluso il Mongol rally 2018. Per completare la più grande corsa al mondo non competitiva e a scopo benefico, l'equipaggio con l'ingegnere rodigina della Maserati, insieme a tre colleghi, ha impiegato 35 giorni, rispettando le previsioni sul giorno d'arrivo e superando, soprattutto, ogni tipo di ostacoli: non ultimo l'ennesimo inconveniente meccanico al furgoncino Subaru Libero del 1991, scelto come mezzo per un'impresa che chiedeva di raggiungere Ulan Ude, in Siberia, senza un itinerario prestabilito e osservando soltanto tre regole: impiegare veicoli piccoli e malandati con cilindrata non superiore ai 1.200cc, arrangiarsi in caso di guasti meccanici e raccogliere durante il viaggio almeno mille sterline da devolvere in beneficenza.

L'EQUIPAGGIO Gli Alboreto is nothing con Caterina Secchieri hanno raccolte 2.460 sterline: 500 andranno a CoolEarth.org, che si occupa di proteggere le foreste pluviali, le restanti 1.960 alla Fondazione Città della Speranza che dal 1994 offre assistenza ai bambini malati di leucemia e investe in progetti di ricerca nel campo delle patologie pediatriche. Caterina alle superiori aveva un compagno di classe che s'ammalò di leucemia e che era stato ricoverato alla Clinica di oncoematologia pediatrica di Padova realizzata dalla stessa Fondazione. I compagni di questo pazzo viaggio in Siberia dei due veneti nell'equipaggio (oltre a Caterina Secchieri, il veronese Massimiliano Pezzo) hanno sposato la causa benefica: sono Fabio Bernardinello, saronnese, e il modenese Alessandro Guicciardi. Pezzo e Bernardinello avevano raggiunto Praga, punto di partenza del Mongol Rally 2018, lo scorso 15 luglio, per il via ufficiale in calendario il 16, mentre Caterina Secchieri s'era unita all'equipaggio a Istanbul il 18 luglio, nel quarto giorno di viaggio del team.
I guai vissuti da Piero, COME è stato ribattezzato il furgoncino Subaru, si sono sommati ai chilometri percorsi: lo sbriciolamento della cuffia di un semiasse in Turchia, un problema elettrico in tangenziale a Teheran, una molla posteriore spezzata in tre parti, sostituita da un meccanico kazako che nel 1979 aveva lavorato allo stabilimento Fiat di Mirafiori, e anche la rottura del cavo dell'acceleratore in Russia. Per ultimo, un cilindro senza compressione, che dopo aver guidato, spinto, tirato e riparato Piero, ha costretto l'equipaggio a far salire il furgoncino su un camion frigo nel mezzo della Mongolia, per non compromettere la possibilità di salire sul traguardo in Siberia con le sue ruotine.

TAPPA FINALE Niente però ha impedito all'equipaggio con la rodigina Secchieri di tenere fede al regolamento e alla tabella di marcia: gli Alboreto is nothing avevano previsto il ritorno tra il 20 e il 25 agosto con biglietti aerei flessibili fino alla Lituania, per recuperare lì il furgoncino, per il quale è stato previsto un viaggio in treno con la Transiberiana. Nei 35 giorni di viaggio gli Alboreto is nothing, che omaggiano nel nome la celebra battuta di Guido Dogui Nicheli nel film del 1983 dei fratelli Vanzina Vacanze di Natale, hanno visto in Anatolia il Tuz, uno dei laghi salati più grandi al mondo. Hanno assistito a Goreme, in Cappadocia, all'incredibile spettacolo delle mongolfiere all'alba. Si sono lasciati alle spalle il monte Ararat, Tabriz, Teheran, i cieli sconfinati del Turkmenistan e il cratere di Darvaza altrimenti noto come la porta dell'inferno. Caterina Secchieri e i tre colleghi in Maserati hanno superato cinque catene montuose e tre deserti, 15 frontiere, percorso asfalto, buche, sterrati, sabbia, fuoristrada e sono passati dai 55 gradi del deserto del Karakum alla temperatura della neve. Tutto in 35 giorni.
 
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