La storia di Marinella: «Io, prof di storia e bambinaia di Faustino Coppi»

Domenica 15 Settembre 2019 di Alberto Fiorin
La storia di Marinella: «Io, prof di storia e bambinaia di Faustino Coppi»

Marinella Laini è una distinta signora, già docente di storia della musica al Conservatorio e conosciuta studiosa di musicologa, apre le porte della sua casa veneziana per una conversazione che non ha nulla a che vedere con libretti, opere e spartiti il suo pane quotidiano per molti anni ma che riguarda un suo segreto custodito gelosamente per anni che ora ha voluto raccontare come amico ma soprattutto appassionato delle due ruote.
Marinella, qual è questo segreto...
«Beh, non l'avevo mai raccontato a nessuno se non ai miei familiari, che d'altronde ben conoscevano l'episodio. Non tanto per pudore, ma perché l'avevo quasi cancellato dalla memoria, considerandolo un episodio non degno di particolare attenzione. Il fatto è questo: sono stata la tata di Faustino Coppi e ho vissuto per due lunghi mesi a casa Coppi, esattamente a villa Carla, a Novi Ligure»
Quando è successo?
«Era l'estate del 1958, un'amica di mia mamma aveva saputo che Giulia Occhini (la cosiddetta Dama Bianca, ndr) aveva bisogno di una ragazza che le tenesse per due mesi il figlioletto, probabilmente per coprire un periodo di vacanza della bambinaia ufficiale e mi ha proposto. Ero una ragazzina, avevo solo 15 anni e nel giro di un paio di giorni mi sono trovata sballottata dal mio paesino della Valcamonica, Sellero, in questa grande villa a Novi Ligure, circondata da un enorme parco, con moltissima servitù. Sono passata da giocare con le bambole a essere responsabile di un bambino di tre anni, un bambolotto in carne e ossa (e molte frigne). Un vero e proprio salto in un'altra dimensione: mi trovavo a fianco del mio mito, del mio eroe! A casa mia non si poteva neppure nominare Bartali, eravamo tutti coppiani, da mio padre a mia madre fino ai nonni. E ora io potevo accedere a Coppi. Anche a quello intimo, lo vedevo tutti i giorni, pure nella quotidianità»
E com'era la vita a casa Coppi?
«Non saprei dire, ripeto ero una bambina, era il mio primo lavoro, la prima volta che uscivo di casa: in due mesi non sono mai tornata in Valcamonica, ho fatto una full immersion di Faustino, Fausto e signora Una sensazione però l'ho percepita, penso sinceramente che non sia stata una riflessione successiva da donna matura ripensando a quei giorni: Coppi lo vedevo un po' rigido, come se si sentisse un po' fuori posto in quella grande magione borghese, con tutti quei domestici, gli arredi raffinati, le stoviglie d'argento, i piatti di porcellana, i camerieri che servivano in guanti bianchi. Non so spiegarti, era come Ulisse tornato nella sua Itaca, contento di aver trovato Penelope, ma nello stesso tempo un po' soffocato da tutto il contesto. D'altronde era la signora Giulia che decideva tutto: comandava ed era abituata a essere obbedita. Bella era bella, slanciata, due grandi occhi azzurri, sguardo magnetico, forse un po' algida. Metteva soggezione, però non dimentichiamo che io la vedevo con occhi di bambina Del resto, a onor del vero, non si può nemmeno dimenticare l'incredibile pressione mediatica che avevano vissuto in quegli anni»
E Fausto?
«Silenzioso, mite, sempre seguito come un'ombra da due suoi gregari (sicuramente i famosi angeli di Coppi, Sandrino Correa e Ettore Milano, ndr) che lo aiutavano in tutto, gli facevano anche da autista. In qualche modo lo proteggevano, lo tenevano ancorato al suo vero mondo, quello della bicicletta, quello per cui era nato ed era un campione Mi ricordo che una volta proprio un gregario ci ha portati tutti in macchina io, Faustino, Fausto e la signora Giulia a casa di nonna Angiolina a Castellania. Mi ricordo quella donnina vestita di nero che abbracciava il nipotino, in una cucina d'altri tempi, di campagna, immersa nella semioscurità, con una grande stufa centrale. Lì Fausto pareva molto più a suo agio, anche se c'era una distanza siderale e quasi surreale, dalla sua nuova vita »
Com'era la tua vita quotidiana in villa?
«Mi occupavo di Faustino per tutto il giorno, dormivo con lui e poi al mattino lo portavo in camera dai genitori che per un po' giocavano con lui nel lettone. Una famiglia direi tradizionale. Niente di trascendentale, per questo non ne ho parlato quasi con nessuno, ma conoscendo la passione di molti per la bici, me ne sono ricordata in occasione del centenario della sua nascita».
Decisamente un'esperienza unica.
«Sì, effettivamente solo qualche anno dopo ho percepito l'enormità della cosa: sono stata a contatto col mio idolo Va calcolato che all'epoca Coppi era veramente un Dio in terra. Eppure al momento non me ne sono resa conto ero una bambina che doveva custodire un bimbo, e forse non sono neppure stata tanto all'altezza di questo compito. Un giorno la cuoca mi ha portato un uovo alla coque da dare al piccolo Faustino e io sono stata incantata ad osservare il portauovo d'argento perché non sapevo proprio cosa fare: non avevo mai visto un uovo cucinato in quella maniera E ho preso una lavata di capo dalla signora Giulia Quello sì che me lo ricordo bene»
La testimonianza di Marinella vuole essere una delle piccole tessere mancanti di questo puzzle durato 100 anni, che tanto ancora colpisce: solo quest'anno sono usciti numerosi volumi. Quando la conversazione con Marinella termina nella sua bella casa con arredi etnici, frutto dei suoi numerosi viaggi in terre lontane, nei suoi occhi c'è un lampo: probabilmente si sta rivendendo bambina, con Faustino sulle ginocchia, e sta ripensando a quegli incredibili due mesi della sua vita. E il viso si distende in un largo sorriso
Alberto Fiorin
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Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 08:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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