Mario Ajello
Quello del «popolo contro le élites», che secondo Matteo Salvini dev'essere la nuova dicotomia al posto della vecchia e superata destra-sinistra, è un concetto discutibile. Ma quello delle pseudo-élites - i giri giusti della sinistra, i salotti intellettuali, quel che resta delle macerie democrat e delle loro grancasse mediatiche - che si scagliano contro gli eletti del popolo più che discutibile è un concetto, anzi una pratica o meglio un tic, risibile. Eppure, ci risiamo.
Un tempo c'era l'anti-berlusconismo, e adesso, prima ancora che il nuovo governo cominci e quando ancora non si è aperta la nuova fase italiana, è subito entrato in scena l'anti-grilloleghismo. Categorie accomunate da una aggressività politico-culturale derivante da uno choc: ossia dalla vittoria degli altri. Subito degradati a fascisti - nel 94 quando vinse Forza Italia Umberto Eco stroncò l'Italia come patria del «fascismo eterno» e ora se fosse vivo direbbe più o meno la stessa cosa - o a sfascisti o a barbari o a riprova che il popolino o il popolaccio seleziona sempre i peggiori.
Questa impostazione illiberale ha aiutato il berlusconismo, vittimizzandolo, e invece di abbatterlo lo ha perpetuato. Adesso sembra di vivere in un replay. E ieri, nel cortile di Montecitorio, un gruppetto di leghisti tra cui Giancarlo Giorgetti, notavano soddisfatti: «Speriamo che continuino ad attaccarci e a dire che siamo dei bifolchi».
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© RIPRODUZIONE RISERVATA Quello del «popolo contro le élites», che secondo Matteo Salvini dev'essere la nuova dicotomia al posto della vecchia e superata destra-sinistra, è un concetto discutibile. Ma quello delle pseudo-élites - i giri giusti della sinistra, i salotti intellettuali, quel che resta delle macerie democrat e delle loro grancasse mediatiche - che si scagliano contro gli eletti del popolo più che discutibile è un concetto, anzi una pratica o meglio un tic, risibile. Eppure, ci risiamo.
Un tempo c'era l'anti-berlusconismo, e adesso, prima ancora che il nuovo governo cominci e quando ancora non si è aperta la nuova fase italiana, è subito entrato in scena l'anti-grilloleghismo. Categorie accomunate da una aggressività politico-culturale derivante da uno choc: ossia dalla vittoria degli altri. Subito degradati a fascisti - nel 94 quando vinse Forza Italia Umberto Eco stroncò l'Italia come patria del «fascismo eterno» e ora se fosse vivo direbbe più o meno la stessa cosa - o a sfascisti o a barbari o a riprova che il popolino o il popolaccio seleziona sempre i peggiori.
Questa impostazione illiberale ha aiutato il berlusconismo, vittimizzandolo, e invece di abbatterlo lo ha perpetuato. Adesso sembra di vivere in un replay. E ieri, nel cortile di Montecitorio, un gruppetto di leghisti tra cui Giancarlo Giorgetti, notavano soddisfatti: «Speriamo che continuino ad attaccarci e a dire che siamo dei bifolchi».
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