Stadio, la paura del M5S che studia le carte

Giovedì 14 Giugno 2018
La paura dell'inchiesta
Quello che girava ieri, a caldo, era la copia pdf dell'ordinanza che non permetteva la ricerca delle singole parole. Un problema mica da poco. Tutti i parlamentari romani e non avevano a cuore soprattutto un aspetto: confermare che il loro nome e cognome non comparisse in quelle carte. E per farlo bisognava leggere tutte e 280 le pagine. 

Non meno preoccupazione deriva dal fatto che a brevissimo cominceranno gli interrogatori di garanzia da cui potrebbero emergere ulteriori responsabilità e e dettagli sulla controversa vicenda stadio, un'opera che il M5S decise di sbloccare e realizzare grazie all'aiuto e alla mediazione dell'avvocato Luca Lanzalone

Ecco perché il Transatlantico era ed è percorso da un fremito nervoso. Solo pochi parlamentari si aggirano calmissimi. E sono quelli che hanno sempre criticato certe infiltrazioni. Come il senatore Elio Lannutti che ribadisce fermezza: «Coraggio, nessuna indulgenza per chi sbaglia e cerca anche in queste ore di infiltrarsi e riciclarsi». Ieri, lui, non aveva dubbi sulla situazione emersa grazie all'inchiesta. «Chi sbaglia deve andare in galera», scriveva già ieri.    

Furiosi sono gli attivisti del tavolo Urbanistica, il gruppo di militanti volontari, di cui fa parte anche la consigliera Cristina Grancio, che per anni aveva analizzato e criticato il progetto stadio. Così come per mesi cercò di comunicare con la sindaca. Il gruppo capitanato dall'architetto Francesco Sanvitto ora chiede una disanima di tutti gli atti amministrativi. «Visto che sono stati inutili tutti i tentativi fatti con l'attuale maggioranza per realizzare uno stadio che rispettasse le procedure e le norme dell' urbanistica pensiamo che la nostra Associazione debba poter pretendere una verifica di ogni atto amministrativo in corso ed una verifica delle dichiarazioni false fatte dagli Amministratori capitolini come quando dichiarano che le "osservazioni" pervenute sono solo 31 mentre noi sappiamo che ne sono state presentate almeno tre volte di più», scrive Sanvitto. 


 
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