Di Maio premier o niente. Ma l'ipotesi di un'alternativa c'è

Venerdì 9 Marzo 2018 di Francesco Lo Dico
Di Maio premier o niente. Ma l'ipotesi di un'alternativa c'è
Un governo a Cinque Stelle, purchessia. La linea ufficiale resta una: o Di Maio o il diluvio. Ma pur di piazzare anche i pentastellati nella cabina di regia della prossima legislatura, il capo politico grillino sarebbe disposto a far naufragare le proprie ambizioni da premier. È questa la carta segreta che Di Maio avrebbe deciso di mettere sul tavolo del Quirinale. La strada è in salita. Ma non sono ammessi ulteriori errori, dopo gli scandali che sono costati già ben nove parlamentari eletti ai grillini, tra Rimborsopoli e impresentabili.

LE SCELTE
Ed ecco perché il leader M5S domani nominerà con ogni probabilità i fedelissimi Danilo Toninelli e Giulia Grillo come capigruppo al Senato e alla Camera. Ed è pronto inoltre a varare una stretta sulle rendicontazioni. Nel corso dell'incontro con tutti gli eletti fissato oggi alle 13 all'hotel Parco dei Principi di Roma, il leader del Movimento dovrebbe chiudere l'era degli scontrini, ovvero la fine della contestata rendicontazione, a favore di una restituzione basata su una quota fissa da devolvere mese per mese. Con i dovuti distinguo, tuttavia, tra fuori sede e residenti capitolini.

Timoroso di essere scavalcato a destra da Matteo Salvini e di finire in un cul-de-sac a sinistra, il leader pentastellato avrebbe provato a lanciare il piano B che nei suoi desiderata potrebbe essere la quadratura del cerchio: fare un passo di lato gli consentirebbe in un solo colpo di trarre d'impaccio le altre forze politiche, di favorire la nascita di un governo del Presidente, e di strappare qualche ministero di peso per sé e per i suoi nel futuro esecutivo. La strada maestra, ha sottolineato ieri il capo dello Stato, è la necessità di un «compromesso alto» ispirato al «senso di responsabilità». Parole che sono state salutate da Di Maio come una sorta di sponda offerta dal Quirinale al progetto governista cui lavora il grillino.

All'interno del Movimento si racconta che Di Maio avrebbe deciso di indulgere a più miti consigli perché sente ticchettare inesorabile l'orologio. Sarebbe pronto a qualunque compromesso pur di regalare a milioni di elettori la sensazione concreta che il loro voto non sia andato sprecato. L'intento sarebbe perciò quello di portare a casa, prima di nuove elezioni, uno o due punti cardine del programma come gli sgravi alle imprese. E di scrivere una nuova legge elettorale, stavolta a marchio Cinque Stelle.

Tornare al voto con le pive nel sacco (Di Battista incombe) rischierebbe di rompere il rapporto di fiducia cucito con gli elettori in cinque anni di smaniosa opposizione. Poco si sa ancora del piano Di Maio, a parte che tra i ministeri sacrificabili ci sarebbe il Viminale. Che in un'ideale governo del presidente, immaginato come qualcosa a metà tra un consesso di tecnici e politici, Di Maio vedrebbe bene nelle mani di chi lo occupa già, Marco Minniti. Sarebbe proprio l'attuale ministro degli Interni, colui che per il leader grillino potrebbe traghettare nell'esecutivo di tutti e di nessuno alcuni volti della minoranza dem. Nonostante le chiusure dei renziani, il Movimento ieri ha continuato imperterrito nel forcing.

Ieri alcuni pentastellati sottolineavano di aver in mano alcuni sondaggi, dai quali emergerebbe un'apertura degli elettori dem all'alleanza. Ma al netto dei tatticismi, l'appello del Quirinale poi rilanciato anche dal presidente emerito Giorgio Napolitano sembra tuttavia aver sortito qualche timido effetto. Pur tra mille paletti, il Guardasigilli Andrea Orlando ha sottolineato come «quello che dice il capo dello Stato non può essere ignorato». Le sortite di Fratoianni e Fassina sono parse invece piuttosto limpide: Di Maio sente ormai in tasca l'appoggio, seppure modesto in termini numerici, di pezzi di LeU.

Le parole di Salvini («gli interessi del Paese vengono prima di calcoli politici»), Giorgetti (che apre a sinistra) e Berlusconi («Forza Italia farà tutto per fare il governo») sono il segnale che qualcosa si muove. L'auspicio dei Cinque Stelle è che possa essere proprio il centrodestra a coagulare consensi a sinistra per portarli nella direzione auspicata da Mattarella. La stessa, non priva di insidie, che per ora fa sentire Di Maio al riparo dell'ombrello del Quirinale. Ma il cammino sarà ancora lungo. E soprattutto difficile.

 
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