Italia eliminata, Mancini pensa alle dimissioni: «Rifletto sul futuro, il responsabile sono io»

Venerdì 25 Marzo 2022 di Alberto Abbate
Italia eliminata, Mancini pensa alle dimissioni: «Rifletto sul futuro, il responsabile sono io»

È finita. Ed è una maledizione mondiale infinita. Piange tutta l'Italia e le lacrime stavolta non sono di gioia. Questa Nazionale si era persa in autunno, non rinasce nemmeno in Primavera. Aveva da mesi dimenticato d'essere regina d'Europa, non ritrova nemmeno all'ultimo la memoria. Addio al Qatar, l'era Mancini rischia di concludersi così nell'ultimo cerchio dell'inferno del Barbera.

Perché il ct ha la faccia e la voce fioca di chi si sente al capolinea: «Il responsabile sono io, la guida tecnica. La Federazione e i giocatori non c'entrano nulla. A luglio ho vissuto la più grande soddisfazione strameritata, ora la più grande delusione della mia carriera. Per questo ho bisogno di settimane, mesi, per riflettere sul mio futuro, ma voglio comunque fare i complimenti a questa squadra. È piena di ragazzi forti a cui voglio ancora più bene stasera». Dev'essere Roberto a guidarli ancora. Guai a pensare alle dimissioni, è pronto a respingerle il presidente della Figc Gravina, lo fa capire al suo fianco in conferenza: «Mancini ha aperto un progetto e deve continuare con l'Italia. Mi auguro che smaltisca presto le scorie di questa eliminazione imprevista in cui forse ci è venuta a mancare anche un po' di energia. Non è facile preparare in un giorno una gara così, perché i club non sono venuti di incontro alla Nazionale nemmeno stavolta. Per loro è più un fastidio che un'opportunità. Questa sconfitta ci deve far riflettere su tutto il movimento, c'è ancora molto da fare nel nostro calcio, ma in questi tre anni abbiamo costruito tanto e non dobbiamo gettare tutto per aria».

Italia-Macedonia, le pagelle: Insigne perso (4), Immobile macchinoso (5), Berardi impreciso (4,5)


L'AGONIA
Eppure gli ultimi novanta minuti sono per tutti un'agonia. Mancini inizia braccia conserte, ma rompe subito la posa. E corre avanti e indietro per la panchina, si spettina. Invoca grinta, cattiveria non appena la Macedonia si schiaccia e indietreggia. Niente, la rete non si gonfia. Il ct s'infuria perché i suoi ragazzi non aggrediscono l'area e si paralizzano in uno sterile possesso palla. L'Italia non tira e, quando Berardi sbaglia a porta vuota, la sua faccia è disperata. E allora Roberto è addirittura costretto a esultare per un salvataggio prima della ripresa: dà il cinque a Florenzi per una diagonale difensiva che salva la bandiera. Mancini fa scaldare chiunque nella ripresa, è sconsolato e scuote la testa contro Barella per un filtrante non recapitato a Immobile sulla corsa. Se la prende con tutti, si risiede in panchina, tenta qualunque mossa disperata. Persino Pellegrini al fotofinish lo delude perché prende male la mira. Non doveva e non deve finire così quest'avventura. Non quella di Roberto Mancini, un numero 10 - puro come Baggio e Maradona - capace di mettere talento e colpi di tacco al servizio della squadra (i laziali ricordano quello di Parma). Nemmeno quella di un ct che aveva riconsegnato alla gente un'idea della Nazionale quanto mai unita. E in principio votata allo spettacolo e alla vittoria: la sfilza di risultati utili di fila, i record e quella coppa stracolma di grinta alzata in Inghilterra, quattro anni dopo il baratro dell'eliminazione dai mondiali firmata da Giampiero Ventura. Il tecnico di allora allargava le braccia, l'Italia che mandava in campo era secondo lui quello che passava la Serie A: un movimento esangue, arrivato al dramma di Italia-Svezia, dopo due mondiali andati male e la rivoluzione di Conte abortita. Eppure ora sembra replica. Mancini aveva riportato l'Italia sulla luna, ma da ieri sera il suo trench non è più blu da notte magica.

 

Ultimo aggiornamento: 15:30
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