VENEZIA - Il 2 novembre 2016 alle 7:10 di mattina l'ultimo gradino in vetro dal lato stazione del ponte di Calatrava era reso viscido dall'umidità e dalla nebbia presente quella mattina in città.
LA RELAZIONE
Secondo il consulente del giudice civile, C'è stata una "derivazione eziologica", cioè un legame, tra la caduta della quindicenne e "la pericolosità dello stato dei luoghi, cioè il gradino in vetro, tale da connaturarla quale insidia non segnalata dall'ente gestore (il Comune, ndr) e priva di presidi antisdrucciolo". Le fascette di colore grigio che ora sono sui gradini in vetro del ponte di Calatrava e aiutano l'aderenza sono state posizionate infatti soltanto dal dicembre 2020. Oltretutto - scrive ancora il giudice - durante il processo il Comune di Venezia non è stato in grado di dimostrare che a causare la caduta sia stato un comportamento sbagliato della quindicenne o di un'altra persona presente sul posto. Tanto è vero che lo stesso giudice parla di una camminata "avvenuta con normale diligenza e prudenza" da parte della vittima. Tutte considerazioni che hanno permesso di considerare, e condannare, il Comune responsabile della caduta in qualità di custode della pubblica via.
LA TESTIMONE
Agli atti del processo anche la testimonianza di uno dei vertici di Insula, la società che coordina gli interventi di riparazione sul ponte di Calatrava, che ha spiegato al giudice come il gradino sul quale la 15enne aveva perso l'equilibrio quella mattina di sette anni fa, non è stato sostituito perché presenterebbe la rugosità sufficiente per essere considerato antiscivolo. «Rileva tuttavia il tribunale - si legge in sentenza - come il Comune non solo non sia stato documentato l'indice di rugosità (che viene calcolato attraverso un macchinario acquistato da Insula nel 2019, ndr) ma anche abbia riconosciuto la pericolosità degli stessi gradini avendo posizionato strisce antiscivolo dal 2020».