ROMA Per l’unanimità necessaria a posticipare la scadenza del Pnrr servirà ancora del tempo.
«Dobbiamo coinvolgere il resto del mondo» ha scandito Michel al termine del faccia a faccia, puntualizzando come il patto di migrazione e asilo appena approvato dal Parlamento europeo sia da considerarsi solo un punto di partenza. E infatti, come spiegano fonti diplomatiche, se è vero che sono in corso contatti con buona parte dei paesi africano di transito e partenza, sono considerate a buon punto le intese con Marocco, Costa d’Avorio e Senegal (in ogni caso da siglare durante la prossima legislatura). Non solo. A Bruxelles come a Roma, hanno concordato Meloni e Michel, è alta l’attenzione sul fronte della Libano. Dopo la visita a Beirut e lungo il confine sud di qualche settimana fa, la premier si è fatta portavoce della necessità di arrivare rapidamente ad offrire sostegni al Paese. Pena l’esplosione di una rotta, quella del Mediterraneo Orientale, già durante questa estate.
D’altro canto Meloni mercoledì mattina sarà in Tunisia per una missione legata al Piano Mattei che porterà alla firma di un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione accademica e scientifica tra i due Paesi.
IL CONFRONTO
Il confronto è servito però a Meloni anche a rimarcare come - senza necessariamente attendere l’avvio del prossimo quinquennio europeo - si debba intervenire con la «rapida attuazione della revisione della Politica Agricola Comune e delle misure volte ad alleviare la pressione finanziaria sugli agricoltori concordate al Consiglio Europeo di marzo». Un pressing che, spiegano tra i fedelissimi della presidente del Consiglio, Meloni porterà senza dubbio al tavolo di Bruxelles la settimana prossima quando, il 17 e il 18, i leader dei Ventisette torneranno a riunirsi. Specie considerando che ieri la Commissione ha inviato agli Stati membri la proposta di proroga limitata del quadro temporaneo di crisi sugli aiuti di Stato (in scadenza al 30 giugno) per sostenere il settore agricolo davanti alle «persistenti perturbazioni del mercato». Proposta che dovrà ora essere vagliata per l’approvazione.
Temi - quello migratorio e quello agricolo - per cui la premier ha esplicitamente chiesto che vengano destinate «risorse comuni adeguate». Fondi, «a sostegno dei relativi investimenti», che dovrebbero rendere realizzabili anche gli altri obiettivi messi nel mirino da Meloni e da Michel a Palazzo Chigi. Vale a dire la collaborazione in ambito sicurezza e difesa (specie declinata nell’ottica di coprire le lacune nella produzione di munizioni ed equipaggiamento militare mostrate dal conflitto all’Ucraina) e l’altra grande istanza di cui l’Italia si è fatta portavoce da tempo: la politica di allargamento. Non solo per quanto riguarda la richiesta pendente di Kiev, ma anche per i Balcani occidentali.
Infine, il rafforzamento della competitività e della resilienza economica europea. Vale a dire uno dei punti al centro del prossimo Consiglio in cui i leader, stando alle bozze delle conclusioni, dovrebbero darsi come obiettivo quello di impostare le politiche pubbliche europee affinché servano a «rafforzare la base economica, manifatturiera, industriale e tecnologica dell’Europa». Dossier in cui l’Italia è molto presente. Mercoledì infatti Enrico Letta presenterà al Consiglio Ue il rapporto sul futuro del mercato interno. Report che anticipa quello di un altro ex premier italiano: Mario Draghi. L’ex numero uno della Bce dovrebbe consegnare i risultati del suo rapporto sul futuro della competitività europea entro fine giugno, mettendo tutti (Germania, Belgio e falchi compresi) davanti al fatto che senza debito comune difficilmente si potrà arrivare ad un rilancio dell’economia del Vecchio Continente. E chissà che non diventi il punto di svolta per la “candidatura” ad erede di von der Leyen o di Michel. Ipotesi di cui, peraltro, il politico belga di matrice liberale vicino ad Emmanuel Macron ha provato a parlare con la premier. «Ma si deciderà dopo le Europee» si è limitata a spiegare, anticipando la risposta poi fornita da Michel ai cronisti all’uscita da palazzo Chigi. E del resto ormai mancano meno di 2 mesi al voto.