Nei prossimi dieci anni Belluno perderà 12mila lavoratori. Ecco le ragioni del crollo

Lo rivela la Cgia di Mestre nello studio sulle proiezioni Istat. Le persone in età lavorativa diminuiranno da 120mila a 109mila

Mercoledì 17 Aprile 2024 di Claudio Fontanive
Nei prossimi dieci anni Belluno perderà 12mila lavoratori. Ecco le ragioni del crollo

BELLUNO - A Belluno tra dieci anni potrebbero mancare 11.557 persone in età lavorativa, quelle comprese quindi 15-64 anni, e tale numeri ci collocano al 49^ posto nella classifica delle province con il maggior calo.

Lo rileva l'Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha elaborato le previsioni demografiche dell'Istat nelle 107 province italiane.


I dati

Al primo gennaio di quest'anno nel nostro territorio risultano infatti esserci 120.937 contro i 109.380 previsti fra dieci anni. Tali dati ci collocano con una percentuale di decrescita che si attesta al -9.56% contro una percentuale nazionale che si attesta al -8,1 per cento. A livello veneto, peggio di noi soltanto Rovigo con una potenziale perdita di soggetti attivi in dieci anni che si attesta al 12%, mentre a Venezia si prevede un calo dell'8,65%, a Vicenza dell'8.01%, a Treviso del 7.08% e la minor perdita sembrerebbe esserci a Verona (-3,75%). A livello nazionale, se all'inizio del 2024 questa coorte demografica includeva poco meno di 37,5 milioni di unità, nel 2034 la stessa è destinata a scendere rovinosamente, arrestandosi a poco meno di 34,5 milioni di persone.


I fattori

Le ragioni di questo crollo, secondo la Cgia di Mestre, vanno ricercate nel progressivo invecchiamento della popolazione: con sempre meno giovani e con tanti baby boomer destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, molti territori subiranno un autentico "spopolamento", anche di potenziali lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno.
Tra le 107 province d'Italia monitorate, sottolinea l'Ufficio studi della Cgia che ha elaborato le previsioni demografiche dell'Istat, solo quella di Prato registrerà in questi 10 anni una variazione assoluta positiva (+ 1.269 unità pari al +0,75 per cento). Tutte le altre 106, invece, presenteranno un saldo anticipato dal segno meno. Se alla recessione demografica aggiungiamo l'instabilità geopolitica, la transizione energetica e digitale, le nostre imprese sono destinate a subire dei contraccolpi spaventosi. La difficoltà, ad esempio, di trovare giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è avvertita già in questo momento, figuriamoci fra qualche decennio.


Il trend demografico

«Ovviamente - si legge in una nota della Cgia -, chi spera in una inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso. Purtroppo, non ci sono misure in grado di cambiare segno a questo fenomeno in tempi ragionevolmente brevi. E nemmeno il ricorso agli stranieri potrà "risolvere" la situazione. Pertanto, dobbiamo rassegnarci a un progressivo rallentamento, anche del Pil. Senza contare che una società con meno giovani e più anziani dovrà fronteggiare un'impennata della spesa previdenziale, di quella sanitaria e di quella assistenziale da far tremare i polsi».

Gli scenari possibili

A pagare il conto potrebbero essere le micro e piccole imprese. Va altresì segnalato che con pochi under 30 e una presenza di over 65 diffusa, alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi, provocando una contrazione strutturale del Pil. Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da persone in età avanzata rischia di ridimensionare il giro d'affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo. Per contro, le banche potrebbero contare su effetti positivi grazie a una maggiore predisposizione al risparmio.

Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 10:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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